L’avventura politica di Mario Adinolfi è naufragata prima di raggiungere l’isola di Ventotene.
Candidato sindaco nell’isola Pontina al grido indignatissimo “non si fanno più figli” si è trovato con zero preferenze, una in meno della lista nemica del Partito gay-Lgbt. Nell’isola, meta meno scontata di Ponza ma comunque ambita dal benessere romano, il nuovo sindaco è Carmine Caputo eletto col 55% e seguito dal sindaco uscente Gerardo Santomauro con 223 voti pari al 44,78%.
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Nell’isola ha votato il 73,91% degli aventi diritto: un dato più che buono e che rende lo zero affibbiato ad Adinolfi ancora più eclatante. Come eclatante è la sua reazione. Se la prende con Ventotene tacciandola di essere “paramafiosa”, col suo cane Ludwig, “neanche lui mi ha votato”, con la stampa che non “mi ha mai dedicato una riga” e risparmia Dio “che vuole bene al Popolo della Famiglia in a strange ways, è ironico e lo adoro”.
L’invettiva su Ventotene mafiosa viaggia in un post su Facebook. “Ho tentato un’avventura romantica contro la logica del controllo paramafioso del voto tipico di un piccolo centro meridionale e ho perso”, scrive deluso e arrabbiato.
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Il risultato di Ventotene ha scontentato anche il Partito gay che ora ricorrerà al Tar. “La sfida di Ventotene, era molto difficile, che sapevamo bene sin dall’inizio, ma abbiamo portato i nostri temi sui diritti, l’innovazione e l’ambiente nel dibattito cittadino – spiega, Luca Vittori, già candidato Sindaco di Ventotene, Portavoce partito Gay LGBT+, Solidale, Ambientalista, Liberale – Inoltre, resta nostra ferma intenzione fare ricorso per la mancanza del rispetto delle quote di genere, da parte delle liste vincenti, in quanto non hanno dato alle donne la giusta opportunità di candidarsi come previsto dalla legge, pertanto chiederemo l’intervento del tribunale amministrativo, per ottenere l’annullamento di tali liste”.
Adinolfi intanto si consola pensando al progresso fatto dal suo partito “in tutti i comuni in cui ci siamo presentati e quanto decisivi saremo ai ballottaggi”. Ma a Ventotene non ha funzionato l’idea di Adinolfi di riempire le culle: via aborto e dentro il reddito di maternità. Un programma che, a suo dire, non è piaciuto neanche al suo cane.