Per comprendere cos’è il poliamore si potrebbe risalire all’etimologia e all’aritmetica. Il nome nasce da una relazione multipla: poli-amore, composto di una parola greca (poli, cioè “molto”) e latina (amor), derivato in italiano dal termine inglese polyamory. Il numero in questione è invece il due: da un punto di vista logico, il poliamore intende superare il sistema binario, per cui un rapporto affettivo è pensabile solo tra due soggetti e tertium non datur.
Il poliamore offre – secondo i suoi promotori – un metodo per affrontare il problema della gelosia in modo più costruttivo, non subire più tradimenti, e soprattutto concedere al partner piena libertà di essere e amare. Questa “nuova” forma d’amore ha preso piede in Italia circa otto anni fa e consiste nella possibilità di avere più rapporti affettivi e sessuali nello stesso periodo, con il consenso informato di tutti i partner coinvolti. Niente più sotterfugi, scappatelle e menzogne, insomma: tutto avviene alla luce del sole.
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“Si tratta – dichiara Luca Boschetto, attivista della comunità poliamorosa e fondatore del sito poliamore.org – del modo ideale per non forzare la singola relazione amorosa ad assumere una forma definita e totalizzante. Quello che di solito riassumiamo nelle frasi ‘lei è la mia unica donna’, ‘lui è il mio unico uomo’ è un tentativo di incasellare la realtà obbligandola dentro regole codificate e condivise”.
Le relazioni poliamorose possono declinarsi in varie tipologie tante quante sono gli individui che le vivono. “Si va – continua Boschetto – dalla coppia aperta, in cui al centro restanoi due partner e tutte le altre interazioni avvengono a livello ludico, al poliamore in senso proprio, in cui fondamentale è l’individuo e la sua autodeterminazione: alcune sue possibili configurazioni sono le triadi, che prevedono rapporti erotico-affettivi a tre, le relazioni a V, in cui un soggetto ha legami amorosi con due partner, i quali a loro volta però non hanno fra loro un legame romantico; e poi ancora i poliamorosi esclusivi (che si legano solo ad alcune persone, senza prevedere altri rapporti occasionali), poliamorosi aperti (che coltivano più relazioni senza vincoli di esclusività) e poliamorosi casti, che vivono l’amore ma non il sesso. Un mondo sfaccettato che si può sintetizzare nell’immagine della rete: io ho un compagno, il quale ha una compagna, che ha a sua volta un compagno ecc. Una sorta di grande famiglia allargata”.
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“Non si tratta di poligamia – fa notare Boschetto – perché parliamo di una modalità relazionale e non di un’unione codificata da un punto di vista istituzionale o religioso. E poi perché è una rete di rapporti valida tanto per l’uomo che per la donna, fondata sull’assoluta parità di genere”.
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