Vincenzo Salemme è un attore che cambia sempre pelle. Così lo vedremo al cinema nel ruolo di un professore gay innamorato di un gigolò (Vinicio Marchioni) ne “Il contagio” di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, tratto dal libro omonimo di Walter Siti, nelle sale dal 28 settembre.
“L’inedito ruolo drammatico in Il contagio non l’ho vissuto come una sfida – ha spiegato Salemme a Cinè, Giornate di Cinema di Riccione -. L’attore deve fare il proprio mestiere, il nostro è un lavoro creativo e sono sempre alla ricerca di bei personaggi. Interpreto un professore che poi è l’alter ego di Walter Siti, una sorta di Pasolini di oggi, osservatore e narratore degli altri personaggi che appartengono a un mondo totalmente diverso dal suo. Li ‘contagia’ e si fa contagiare, è un film potentissimo”.
La trama:
In una palazzina della periferia romana si agitano le vite di Marcello e Chiara, di Mauro e Simona, di Valeria e Attilio, di Flaminia e Bruno e del boss di quartiere Carmine. Un intreccio che vede mescolarsi amore e sesso a pagamento, crimine e speranza, tragico e comico, formando un mosaico variegato in cui la periferia è un mostruoso gigante arenato ai margini di una grande città. Ma nel film c’è anche la Roma del centro storico, elegante e crudele, dove ha sede una cooperativa sociale che lucra sui fondi pubblici erogati a centri di accoglienza per profughi e case famiglia per bambini orfani; vicende che rievocano i fatti venuti poi all’attenzione della cronaca con il caso di Mafia Capitale. Due mondi, quello delle borgate e quello del centro di Roma che, nonostante sembrino apparentemente inconciliabili, non sono altro che due facce della stessa medaglia.
Libro sul film “Il Contagio”:
Un romanzo sulla periferia di Roma, su quelle “borgate” che stanno trasformandosi in un’indifferenziata poltiglia urbana. E umana. Nessuno si salva, in questo percorso. Non la leggendaria “vitalità” popolare, esaltata in tanti libri e film, non l’autore che in questa vitalità presunta ha provato a rigenerarsi, non le ideologie contemporanee troppo impegnate a simulare paradisi inesistenti. La borgata come metafora, perché mentre le borgate si stanno adeguando ai valori borghesi, la borghesia assume le caratteristiche della borgata: legge della giungla, sogni di lusso impossibile, diffidenza reciproca, assenza di futuro.