DA: Varesenews.it
Un’infanzia di abusi sessuali subiti insieme alla sorella da quando aveva 4 anni, dapprima perpetrati dallo zio paterno con l’assenso del padre che intascava soldi in base ad un preciso tariffario, e poi dal patrigno che di giorno lo insultava perchè gay e di notte lo violentava.
Si è chiuso oggi con una condanna a 4 anni e 6 mesi (confermando la richiesta del pubblico ministero Francesca Parola che non ha potuto chiedere di più per la scelta del rito) il processo in abbreviato nei confronti di un uomo accusato di aver violentato per anni il figlio della compagna che già aveva subito abusi gravissimi sin da bambino.
È una storia sconvolgente quella che emerge dall’aula del giudice per l’udienza preliminare Piera Bossi che questa mattina è stata chiamata a decidere.
Filippo (il nome è di fantasia) oggi ha quasi 20 anni e sta cercando di superare i traumi enormi che ha subito sin da piccolo e insieme alla sorella, di poco più grande. Di tutto questo la madre (non indagata) non si sarebbe accorta.
Fu proprio il patrigno a far emergere la storia di abusi sessuali ai danni dei due bambini perpetrati dallo zio che pagava le prestazioni al padre naturale seguendo un vero e proprio tariffario in base alle perversioni del congiunto. Abusi che il pm ha definito vere e proprie sevizie. Il tutto avveniva con la compiacenza della nonna paterna che sapeva e taceva.
Una volta emersa quella storia c’è stato il processo al Tribunale di Como e le condanne (oggi definitive) con il padre naturale che è riuscito anche a rimanere latitante per qualche anno prima di essere rintracciato e messo in carcere.
Quel patrigno che sembrava l’alba di una nuova vita di serenità per Filippo, in realtà, era il nuovo orco che si era andato a sostituire agli altri due.
Filippo, infatti, nel frattempo è cresciuto e la sua omosessualità (prima latente e poi conclamata) è diventata l’oggetto dello scherno del patrigno che non ha mai risparmiato (nemmeno davanti agli psicologi che seguono il caso per i Servizi Sociali) insulti omofobi della peggior specie nei confronti del ragazzo. A quegli insulti alla luce del giorno corrispondevano le violenze sessuali notturne, andate avanti per anni.
Solo attorno ai sedici anni il giovane ha trovato il coraggio di raccontare tutto ad un’amica che, a sua volta, si confida con la madre la quale decide di informare i carabinieri di quanto era venuta a sapere. Anche gli psicologi che seguono il ragazzo, alla fine, riescono a far emergere le violenze nei suoi confronti e subito i Servizi Sociali intervengono per togliere il ragazzo dall’ambiente familiare, affidandolo ad una coppia di genitori di un’altra amica del giovane che si era resa disponibile ad aiutarlo.
Nel frattempo le indagini giungono alla conclusione e il patrigno finisce a processo del quale l’ultimo atto del primo grado si è chiuso oggi con la condanna del patrigno.
Oggi la vittima ha 20 anni e, come la sorella, sta cercando di ricostruirsi una vita autonoma grazie all’aiuto di amici e assistenti sociali.