Per la prima volta, il tribunale ha stabilito che una donna dovrà corrispondere alla ex «moglie» un assegno di mantenimento. È successo a Pordenone: la coppia, che si era formata nel 2013, si era unita civilmente tre anni dopo. Quando il legame è finito, una delle due ha chiesto di poter ricevere un aiuto economico dalla ex consorte: per amore si era trasferita da Venezia a Pordenone, a spese della sua carriera professionale. Così il giudice Gaetano Appierto ha stabilito che la donna con il reddito superiore corrispondesse un assegno mensile da 350 euro alla ex.
«È altamente verosimile che nel corso della stabile convivenza delle parti in causa, con inizio nell’autunno del 2013», è scritto nella sentenza, «siano state adottate dalla donna economicamente più debole decisioni in ordine al trasferimento della propria residenza e alla attività lavorativa dettate non solo dalla maggior comodità del posto di lavoro rispetto ai luoghi di convivenza, ma anche dalla necessità di coltivare al meglio la relazione e trascorrere quanto più tempo possibile con la propria compagna».
È soddisfatta Monica Cirinnà, senatrice del Partito democratico e relatrice della legge sulle unioni civili. «Mi fa piacere leggere che, per la prima volta, un tribunale ha applicato la legge sulle unioni civili anche in sede di scioglimento, riconoscendo un assegno alla coniuge debole. La legge 76/2016 equipara coppie sposate e coppie unite civilmente anche nella fase di scioglimento dell’unione, riconoscendo anche in questo caso che ogni famiglia ha diritto allo stesso trattamento giuridico. Per il diritto italiano non esiste un modello di famiglia superiore alle altre, ma ognuna ha pari dignità di fronte alla legge».
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