L’Inps «uguaglia» unione civile e matrimonio.
Nonostante il silenzio della legge Cirinnà, infatti, ritiene che anche nell’unione civile si costituisca il rapporto di affinità tra una parte e i parenti dell’altra parte; allo stesso modo di come avviene nel matrimonio, ex art. 78 del codice civile, tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge. Lo spiega nella circolare n. 36/2022 con il placet del ministero del lavoro, al fine di prevenire «una discriminazione per orientamento sessuale». Di conseguenza, estende il riconoscimento dei permessi di tre giorni mensili per l’assistenza ai familiari disabili (legge n. 104/1992) e del congedo straordinario (dlgs n. 151/2001).
Unioni civili e convivenze. La legge n. 76/2016 (Cirinnà) disciplina due nuove formazioni sociali, accanto al matrimonio:
– la «unione civile», che si può costituire tra persone dello stesso sesso;
– la «convivenza civile» che si può formare sia tra persone dello stesso sia di sesso diverso.
Con circolare n. 38/2017 (si veda ItaliaOggi del 28 febbraio 2017), l’Inps ha esteso le seguenti tutele alle unioni civili nei casi in cui una parte presti assistenza all’altra parte: tre giorni di permesso mensili retributivi (ex art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992), previsti a favore dei lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado, con possibilità fino al terzo grado, in situazione di disabilità grave; congedo straordinario per assistenza a soggetti con disabilità grave (ex art. 42, comma 5, del dlgs n. 151/2001), a favore dei familiari dal coniuge ai parenti e affini di terzo grado. Alle convivenze di fatto, invece, ha esteso unicamente i tre giorni di permesso mensili retributivi.
In entrambi i casi (unioni e convivenze), l’Inps aveva escluso la possibilità di fruire delle tutele per assistenza a parenti affini, sul presupposto che la legge n. 76/2016 non fa richiamo all’art. 78 del codice civile che individua il «rapporto di affinità» nel matrimonio, tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge.
L’estensione dei diritti. Su parere del ministero del lavoro, l’Inps modifica tale orientamento per evitare i rischi di una discriminazione per orientamento sessuale. Infatti, spiega la circolare, «l’orientamento seguito finora, seppure attuativo di una norma nazionale, sarebbe in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale dell’Unione europea che, al fine di rendere effettivo negli stati membri il principio di parità di trattamento, vieta la discriminazione basate sull’orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l’occupazione, condizioni di lavoro e retribuzione (direttiva 2000/78/Ce attuata con il dlgs n. 216/2003)». Pertanto, modificando le precedenti istruzioni, l’Inps estende il riconoscimento dei benefici a favore dei soli parenti dell’altra parte dell’unione civile. Nulla cambia, invece, per quanto riguarda le convivenze di fatto, per le quali, aggiunge l’Inps, non è possibile riconoscere il rapporto di affinità tra il «convivente di fatto» e i parenti dell’altro partner, per il fatto che non si tratta di un istituto giuridico, ma (appunto) di una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo.