Il ministro degli Esteri dell’Uganda Sam Kutesa ha ufficialmente accusato il colonialismo britannico per la presenza di leggi anti-LGBT nel proprio Paese. Molti paesi del Commonwealth, infatti, continuano a far rispettare i codici penali introdotti dall’impero britannico e mai abrogati. In totale ben 40 dei 53 Stati Membri del Commonwealth prevedono l’omosessualità come reato da punire. In Uganda, stando all’attuale codice penale, gli “atteggiamenti carnali contro l’ordine naturale” tra due uomini prevedono come pena massima il carcere a vita.
Nel suo discorso di fronte alla giuria dei diritti umani delle Nazioni Unite il ministro ugandese ha sostenuto che il suo Paese non deve essere incolpato per la presenza di leggi omofobe. “Alcune persone pensano che ci sia una nuova legge contro il popolo LGBT. In realtà sono leggi che abbiamo ereditato, come anche altri Paesi”. Benissimo, ma non bisogna lavarsene le mani, caro ministro! Una volta incontrato il problema, cerchiamo di risolverlo al meglio e di ridare la libertà rubata al popolo LGBT ugandese!