Un turista portoghese si è visto trasformare la sua vacanza in un incubo.
Miguel Alvaro ha raccontato di essere stato arrestato e tenuto per quasi tre settimane in un carcere in Turchia perché “sembrava gay”. Il 34enne, omosessuale dichiarato, ha denunciato quanto avvenuto ai quotidiani locali. La storia risale allo scorso 25 giugno quando Miguel si trovava, da solo, per strada a Istanbul e, non conoscendo la città, ha chiesto informaizoni ad un agente locale.
La storia di Andrea Spezzacatena, il ragazzo dai pantaloni rosa, diventa un film
Pochi minuti dopo Miguel è stato sequestrato da otto poliziotti, preso a copi e accusato di voler partecipare a un Pride non autorizzato che si stava tenendo in quelle ore nelle vicinanze. “Dopo cinque ore passate nel furgone, in cui mi è stato solo detto di stare zitto, uno di loro mi ha spiegato che ero stato arrestato a causa del mio aspetto”. “Hanno pensato che avrei partecipato ad una marcia non autorizzata che si sarebbe svolta nelle vicinanze perché sembravo gay. Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato“.
Miguel, ed altri ragazzi, sono stati presi, messi in un furgone, e portati nella stazione di polizia: “Perché questi fr*ci sono qui?”, ridendo di noi, era come se non esistessimo”, avrebbe detto uno dei poliziotti ad alta voce.
Per oltre 20 giorni, Miguel sarebbe rimasto prima in un carcere turco e a seguire in un centro di detenzione per immigrati. L’uomo ha descritto orribili condizioni carcerarie, tra cui celle con vermi, mancanza di cibo e acqua e minacce di violenza fisica da parte di altri detenuti. Alvaro dice che non ha potuto contattare nessuno e che i funzionari hanno ignorato le sue richieste di assistenza da parte dell’ambasciata portoghese. Miguel è rimasto per 3 settimane con l’unica cosa che aveva con sè quando l’hanno arrestato, ovvero un crop top. Quel crop top che a detta degli agenti avrebbe certificato la sua partecipazione al Pride.
“Mi hanno afferrato le braccia e ho cercato di liberarmi. Uno di loro mi ha colpito alle costole. Mi hanno spinto contro un furgone, mi hanno colpito alla spalla, che ha iniziato a sanguinare”, ha ricordato Alvaro.
Ungheria, il governo multa le librerie che hanno esposti libri e fumetti Lgbtq+
Miguel è salvo grazie all’intervento del padre che è riuscito a raggiungere il figlio a Instambul e a chiederne il rilascio lo scorso 12 luglio. Tornato in Portogallo, Alvaro ha utilizzato i social media per condividere la sua storia e mettere in guardia dal visitare la Turchia. Le autorità turche non hanno rilasciato commenti pubblici a conferma e/o a smentita delle dettagliate accuse di Alvaro.