Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump va ancora una volta in direzione opposta rispetto al suo predecessore Barack Obama e decide che le persone transgender non potranno servire nelle forze armate americane. L’ annuncio arriva dallo stesso Trump via Twitter:
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“Dopo aver consultato i generali e gli esperti militari, siete avvisati che il governo degli Stati Uniti non accetterà né permetterà che individui transgender servano in alcuna unità dell’esercito. Il nostro esercito deve essere concentrato su vittorie schiaccianti e decisive e non può sostenere il tremendo costo medico e il disagio che i trangender nell’esercito comportebbero”, scrive Trump.
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Dal primo luglio 2016 è in effetti caduto il divieto per i transgenger nelle forze armate, ultima tappa di un percorso avviato nel 2010 con l’abolizione del cosiddetto “don’t ask don’t tell”: la regola per la quale nessun militare deve dichiarare la propria omosessualità pena la radiazione. Ma le regole per permettere il reclutamento delle persone transgender non erano ancora state rese effettive e l’avvio del reclutamento aveva subito uno slittamento di sei mesi. Rinvio deciso dal segretario alla Difesa Jim Mattis in attesa di decisioni.
Secondo il National center for transgender equality, ci sarebbero circa 134.000 veterani transgender e oltre 15.000 transgender sarebbero al momento in servizio nelle forze armate statunitensi. Le forze armate, con le regole imposte dall’amministrazione Obama, avrebbero coperto i costi medici della transizione per le persone già in servizio e le nuove reclute sarebbero state ammesse 18 mesi dopo la fine della loro transizione. Secondo uno studio della Rand corporation, le transizioni costerebbero tra i 2 e i 4 milioni di dollari all’anno; ogni anno, il Pentagono spende circa 6 miliardi di dollari in spese mediche per i membri attivi delle forze armate.