Da Corriere.it
A nove anni dal suo coming out, il cantante Tiziano Ferro, 39 anni, sabato scorso ha sposato a Sabaudia Victor Allen, 54, suo compagno da tre anni.
Si tratta, in realtà, di «seconde» nozze, ma sempre con la stessa persona: l’artista e l’ex consulente della Warner Bros (ora proprietario di un’agenzia di marketing) si erano già detti «sì» in gran segreto lo scorso 25 giugno a Los Angeles, davanti a un centinaio di persone, per poi replicare neanche un mese dopo nella villa di Ferro, sul litorale romano, davanti a circa 40 ospiti.
«Con il matrimonio Victor entra a far parte della mia famiglia e questa è una verità che non si può tacere — ha detto il cantante — una verità che, come ai tempi del mio coming out, spero possa essere utile a qualcuno». Qui sotto Tiziano Ferro ha scritto il suo pensiero per il «Corriere».
“Fino a pochi anni fa nessuno conosceva la mia storia. Solo le chiese, il mio inconscio, i miei quaderni; qualche cuscino, la mia mente e le sue stanze. Solo io, a guardarmi ogni mattina allo specchio, senza apprezzarmi.
Per poi ricominciare. Finché ho conosciuto l’amore. Mi ricordo quando, appena ventenne, sfogliavo libri in cui si parlava di omosessualità. Avevo il terrore di ritrovarmi nelle storie raccontate esplicitamente, quando timoroso andavo a cercare quei volumi stipati in un settore piccolissimo nelle librerie del centro di Latina. Guarda caso il settore era sempre «Psicologia», guarda caso ero sempre l’unico. E mentre tutti si affollavano davanti ai tavoli con l’ultimo romanzo di Stephen King o di Paulo Coelho, io stavo là, sceglievo insofferente e impaurito tra i titoli che mi ispiravano di più. Cercando una strada, un suggerimento, la salvezza, o forse solo cose che conoscevo già ma che — viste nero su bianco — forse mi sarebbero sembrate più semplici, meno aliene e alienanti, possibili e comunque appartenenti alla vita di tanti altri esseri umani, oltre che alla mia”.
“Ero «uno su tremila» in quelle librerie, e mentre leggevo i risvolti di copertina mi sembrava che tutti gli altri guardassero solo me. Ero «uno su tremila», e non ho mai voluto essere uno su tremila, ma — dopotutto — chi a vent’anni non vuole essere una star? Qualunque tipo di star, su qualunque tipo di copertina, di qualunque epoca o nazione. Famoso, figlio di una realtà diversa, solo tua, migliore. Per quanto l’Italia sia un Paese laico, i crocifissi sono appesi ovunque: nelle case, nelle aule dei tribunali e delle scuole, negli ospedali.
«Io sono cattolico!» ho sentito dire a tanta gente indignata di fronte alle manifestazioni a sostegno dei diritti degli omosessuali. Il problema è che in questo Paese non crediamo abbastanza in Dio. Preghiamo, ma non ascoltiamo. Aspettiamo il miracolo e negoziamo l’arrivo di una soluzione, in cambio di qualche rinuncia.
Anch’io sono cattolico. Ma il messaggio che porto nel cuore è quello dell’amore universale, della carità, del soccorso reciproco, del rispetto per tutti, della compassione. Né ragione, né torto; questa è semplicemente la mia esperienza, la mia storia. È vero che l’uomo ha cercato Dio per dare un senso ulteriore alla propria esistenza. Io cerco in Lui uno sguardo di conforto, e non mi piace vederlo come il simulacro delle risposte che non so darmi, come uno scudo di fronte a quello che non capisco, o che mi fa paura.
Lo dico da cittadino, da figlio, da cantautore su un palco. Ma anche da fratello e da amico. Mettiamo al centro l’essere umano: le donne, gli uomini, i bambini, gli esseri umani tutti. E la famiglia in ogni sua accezione, purché al centro ci siano sempre amore e protezione. Sì, in questi ultimi anni la disparità di diritti mi ha fatto sentire deluso, amareggiato, arrabbiato.
Da Corriere.it