Tiziano Ferro si è aperto su numerosi aspetti della sua vita personale e professionale in una recente intervista esclusiva a «Vanity Fair», che lo ha ritratto in copertina.
Il cantautore originario di Latina, attualmente residente a Los Angeles, ha discusso del suo recente divorzio dal marito Victor, del suo ruolo di padre e ha riaperto una vecchia questione con l’ex manager Mara Maionchi.
La discordia tra Tiziano Ferro e Mara Maionchi risale a qualche anno fa, quando il cantante ha deciso di separarsi professionalmente dalla sua manager. La rottura è stata alimentata da dichiarazioni pubbliche e reciproche accuse, culminate in recenti interviste televisive. Mara Maionchi ha criticato Tiziano per quella che ha percepito come ingratitudine, mentre Tiziano ha risposto evidenziando quanto l’atteggiamento della sua ex manager abbia influito negativamente sulla sua salute mentale e fisica.
L’importanza d’esser diventato padre:
Durante l’intervista, Tiziano ha discusso il problema dell’obesità, che lo ha segnato profondamente: «L’obesità mi ha marchiato a fuoco. Mara non ha realizzato quanto sia stato traumatico», ha confessato.
Nonostante il dolore, Ferro ha trovato nella paternità una nuova forza. Descrive l’emozione di abbracciare per la prima volta i suoi figli, Margherita e Andres, come un momento di epifania che gli ha confermato di essere pronto a essere un padre. Questa esperienza ha rafforzato la sua resilienza e l’ha aiutato a superare le insicurezze che lo hanno accompagnato fin dall’adolescenza.
Uno sguardo al futuro:
Ferro ha anche rinnovato le sue critiche verso l’Italia per il mancato riconoscimento della doppia paternità, esprimendo dolore per le discriminazioni subite dalla sua famiglia: «Mi ferisce che vengano negati i diritti ai miei figli, perché siamo tutti uguali e con diritti uguali».
Rivolgendo lo sguardo al futuro, Tiziano invoca un cambiamento radicale nel modo in cui la società e l’industria musicale trattano questioni di salute mentale e fisica: «È un obbligo morale raccontare alle persone, agli artisti, che il corpo non è un vincolo negativo per la loro arte».
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