Cristina Seymandi risponde con la lettera che segue a Massimo Segre, ex compagno, dopo che il video dove lui lascia lei ha fatto il giro del web.
Dopo quella di Ferragosto in cui massimo Segre, dalle pagine del quotidiano torinese La Stampa, difendeva la sua scelta dell’addio pubblico (diventato virale), con rivelazione di tradimento, a Cristina Seymandi, ora è lei a scrivere la sua verità. Sulle pagine del Corriere della Sera riporta la sua posizione raccontando di essere molto provata e di aver letto la lettera di Massimo Segre «dove, per l’ennesima volta, la mia vita e il nostro comune percorso insieme erano messe in evidenza a tutta pagina, sulla cronaca nazionale, mescolate, nell’articolo, con la pubblicità per le future iniziative imprenditoriali delle aziende del mio ex compagno (iniziative alle quali peraltro lavoravamo insieme da anni)».
IL VIDEO: Svela i tradimenti e la lascia davanti agli invitati prima del matrimonio
Secondo Cristina Seymandi l’uomo parla molto di sé stesso in quella lettera. «Sostiene che “non vi è violenza nell’affermare la verità pubblicamente”, riferendosi alla decisione – quella di mettere in piazza il nostro privato – che forse ha preso, quella sera del 27 luglio, convinto dai discorsi di chi – accanto a lui – non ha mai voluto la nostra felicità, ma ha solo desiderato “distruggere“».
Una delle novità, rispetto a quello che era stato visto nel video, della lettera di Segre è la questione dell’anello di fidanzamento. «Il nostro anello fidanzamento, di cui non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale specificandone le caratteristiche, anello al quale ero affezionatissima come ad una delle mie cose più care, misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache, a riprova, forse, che c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo».
«Massimo scrive, infine, che “l’amore dovrebbe essere una splendida esclusiva”, affermazione che mi stupisce sentir pronunciare proprio da lui… ma sulla quale preferisco non soffermarmi, perché, a differenza di Massimo, io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita, che siano compagni, familiari o amici, emettendo un giudizio definitivo e applicando anche la massima pena, senza peraltro neppure un minimo di contradditorio».
Dice di non voler dare risposte acide o piccate. «Le parole chiave per me sono state, nell’immediato, “sconcerto” e “incredulità”, e, successivamente, “delusione”, “amarezza”, “dolore”». «Scrivo ora per rivolgere un appello non a Massimo Segre, ma a tutti gli uomini e donne che in futuro si troveranno nella situazione di poter decidere se divulgare o no fatti privati di una persona, per vendetta, per voglia di riscatto o per “dare la propria versione dei fatti”, ponendo però inevitabilmente l’altro in una condizione di inferiorità, di umiliazione e di dover patire una violenza psicologica».
Cristina Seymandi si pone nei panni di chi potrebbe trovarsi in una situazione simile, magari con meno armi con cui difendersi. «Ma se tutto ciò fosse invece capitato a una ragazza o ragazzo di 20 anni, a una giovane donna o uomo per mille motivi più fragile di me, cosa sarebbe successo…? Al netto della retorica del “cavaliere senza paura che prende la parola in pubblico per riportare giustizia”, quale sarebbe stato l’impatto sulla vittima destinataria della gogna mediatica?».
Dice di aver ricevuto messaggi di sostegno, ma anche tanti attacchi tipici, dice, di quella mascolinità tossica che ancora pervade la nostra società e tante critiche anche di donne. «Non voglio drammatizzare, ma le cronache ci raccontano di persone in difficoltà che in situazioni di questo genere possono arrivare a gesti di autolesionismo o, nei casi peggiori, a togliersi la vita, non riuscendo a reagire a una umiliazione e diffamazione pubblica sui mass-media e tramite Social e web. Il signor Segre pone sé stesso al centro di tutta la narrazione: la sua necessità di prendere parola, le sue vere o presunte difficoltà nel forzarsi a farlo (e faccio fatica a pensarlo, visto che tutto è parso meticolosamente organizzato…), i suoi “valori”, le sue aziende, il suo pensiero… proseguendo con una lunga lista di “aggettivi possessivi al maschile singolare”».
Cristina Seymandi dice di allargare lo sguardo a ciò che il suo ex compagno non vede. «Chi sta attorno a noi, il destinatario dello sfogo, chi patisce, soffre, non comprende il perché di tanta umiliazione in pubblico e sul web, e alle persone a quest’ultimo collegate, come i figli, che necessariamente ne patiranno le conseguenze. Soprattutto, la consapevolezza che se c’è una cosa, tra le tante, che questa vicenda ci insegna, allora è proprio questa: che la vendetta fine a sé stessa è una pessima consigliera».
Svela i tradimenti e la lascia davanti agli invitati prima del matrimonio: il video integrale
Il suo è un invito al dialogo. «Ho letto online commenti quali “è un signore, è un idolo!”, e mi chiedo: se fosse capitato a voi, a vostra figlia o figlio, direste le stesse cose? Con un’ingenuità disarmante, crediamo alle parole di chi parla con tono pacato e camicia bianca elegante, senza conoscere nulla del suo passato, e per contro condanniamo per stereotipo il fatto che una donna più giovane stia con un uomo più maturo, presumendo lo faccia solo per interesse. Inoltre, se questa storia non avesse avuto i Social a contorno, si sarebbe consumata tutta in un banale chiacchiericcio cittadino: quanto accaduto sottolinea allora, una volta di più, l’impatto di questi strumenti, e la necessità di una regolamentazione più seria, come il saggio richiamo del Garante della Privacy, l’altroieri, ci ha giustamente ricordato».
La conclusione? «Dal canto mio, sono convinta di aver dato il massimo in questa relazione, e mi spiace molto, sinceramente, per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna, ma nel merito di questa triste vicenda – anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da 3 anni – non penso di aver altro da aggiungere».