“A ogni collegamento dalla Cina, la corrispondente sfoggiava il medesimo abito nero”. Questo dice la voce narrante di Michelle Hunziker durante un servizio “dedicato” da Striscia la Notizia alla giornalista Giovanna Botteri andato in onda lo scorso 24 aprile.
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La corrispondente Rai da Pechino, sostiene il Tg satirico di Antonio Ricci (che intanto non si tira indietro dal raccontarlo), è “stata presa di mira” per avere sempre lo stesso look. Il servizio continua con la Hunziker che fa notare come la Botteri, in uno degli ultimi collegamenti, si sia presentata con i “capelli splendenti”: “Ad un tratto la sua chioma vaporosa in risposta a tante frecciate”.
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E le immagini mostrano la corrispondente immersa in una vasca da bagno cartoon. Le “frecciate” di cui con disinvoltura parla la Hunziker si trovano facilmente sui social, sotto forma di gruppi nati su Facebook o di tweet.
Una risposta, quella della Botteri, che è un manifesto: “Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno. O dovrebbero avere secondo non si sa bene chi… Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n’è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l’unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista. A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne.”