La commovente lettera di una madre pentita che, presa dall’orgoglio e dai pregiudizi, ha preferito abbandonare e rinnegare l’esistenza di suo figlio dopo il coming out. “Vattene da casa mia, non sopporto neanche di guardarti” con queste parole la donna ha “salutato” il figlio 24enne cacciandolo di casa. Oggi, 14 mesi dopo, quella stessa madre è cambiata ed ha scritto una lettera dove, a cuore aperto, si pente degli errori che ha fatto anche se, forse, è troppo tardi…
“Perché scrivo a un giornale? Perché non posso affacciarmi al balcone e gridare il mio dolore. Perché non posso fare un comizio in piazza. Perché non posso.
Ma devo almeno questo a mio figlio, un figlio che sto per perdere perchè un cancro me lo sta uccidendo, e quel cancro gliel’ho messo io in corpo; glielo ha messo questa società ipocrita, che apparentemente sembra aperta al “diverso”, a leggi che lo tutelano, ma nella realtà è vecchia, stantia e crudele. Mio figlio è gay, e di questo ci sta morendo.
Ha solo 24 anni, lo ha scoperto a 15 anni che “le ragazzine le voleva soltanto come amiche”. Mi ha detto così, l’anno scorso, quando mi ha rivelato la sua omosessualità, tra lacrime e ‘vergogna’, come fosse un disonore quell’orientamento sessuale. Mi ha detto ” Mamma, io le ragazze le vedo solo come amiche. Sono innamorato di un ragazzo”. E cosa ha fatto quella mamma che per 23 anni lo ha amato? Mi vergogno a dirlo, ma gli ho detto “Vattene da casa mia, non sopporto neanche di guardarti”.
Lo ha fatto, ha preso le ‘sue cose’, pochi ricordi: un pallone da basket, una foto di noi due insieme e una vecchia coperta. Se n’è andato come non fosse mai vissuto.
Non l’ho cercato, mai. A chi mi chiedeva sue notizie dicevo che avevamo litigato perché non voleva mettere la testa a posto con lo studio, non si decideva a laurearsi ed io, stanca,lo avevo messo alla porta. Mi giudicavano troppo severa. Non sapevano che, invece, ero una pessima madre, crudele, ignorante, bigotta.
Ho tirato avanti per 14 mesi senza di lui, sentendomi forte della mia decisione, certa che stesse bene nel vivere la sua storia d’amore, “quel gay di mio figlio”.
Sciocca,ignorante, perfida madre. Me lo dico da sola, oggi che so che il mio ragazzo non stava affatto bene. Il mio ragazzo ci stava morendo del mio abbandono. Ci sta morendo. L’ho saputo un mesa fa. Un suo vecchio amico, che al contrario di me non lo ha abbandonato, mi ha telefonato e ha chiesto di vedermi. Inizialmente avevo risposto no, credendo volesse spingermi a riaccettare mio figlio in casa. Poi, dal tono della sua voce, ho capito che c’era altro. Quando ha suonato alla mia porta mi ha abbracciata forte e mi ha detto, piano, all’orecchio, che “Lui” stava male, molto. Da allora sono accanto a mio figlio, lo amo come non mai. Proprio io che l’ho ucciso, perché certe malattie arrivano quando il dolore ti strazia, quando ti senti solo.
Lo dico con certezza assoluta che l’ho ucciso armata d’ignoranza e vergogna. Scrivo questa lettera perché altri genitori che si trovano nelle mie condizioni non facciano come me. Teneteveli stretti al cuore i vostri figli gay, anzi, amateli di più. Fategli scudo, aiutateli ad affrontare gli ‘altri’, quelli ‘giusti’. Aiutateli, soprattutto, a vivere serenamente il loro amore. Ci possono morire d’ignoranza e vergogna. Come il mio ‘bambino’. “
Una cattiva madre.”
(La lettera è stata pubblicata dal sito messinese Normanno.com)