Da: VanityFair.it
«È una coppia omosessuale? Non importa. E non solo non è interessante sottolinearlo, ma rimarcarlo è stretto parente della discriminazione. Arturo e Alessandro si amano. E tanto basta. Si dice mai di una coppia formata da un uomo e da una donna “è una coppia eterosessuale?”».
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Stefano Accorsi, che parla, è Arturo, traduttore. Alessandro, idraulico, è interpretato da Edoardo Leo. Sono i protagonisti del film di Ferzan Özpetek La Dea Fortuna, al cinema dal 19 dicembre. Non esattamente un cinepanettone: la storia di una coppia stanca in cui l’improvviso arrivo di due bambini, i figli di Annamaria (Jasmine Trinca), deflagra come una bomba. A Vanity Fair, che li mette insieme in copertina del numero in edicola da mercoledì 4, Edoardo e Stefano raccontano il valore universale di un racconto che non ha a che fare con l’orientamento sessuale. «Quelle scene accadono in milioni di case, riguardano tutti e investono le coscienze di chiunque», dice Accorsi in una delle due interviste al vicedirettore Malcom Pagani. «Quelle dei connubi senza figli che si domandano se averli non rappresenti un attentato alla loro libertà e quelle che i figli invece li hanno e magari non si sono saputi trattenere dal litigare davanti a loro. Subliminalmente, senza armare tesi o manifesti sul tema, il film parla sicuramente anche della possibilità per i gay di essere genitori. E dell’energia che i bambini portano nelle vite delle persone. Ad Arturo e Alessandro quell’energia servirà a trovare nuove ragioni per amarsi e ricordare chi sono stati. La monogamia è un patto difficile. O narcotizzi il desiderio e ti adagi serenamente sul fatto che in un rapporto, dopo la fiamma iniziale, le passioni possano acquietarsi per diventare altro, o ti fai aggredire dagli impulsi, dai desideri e dall’insoddisfazione. L’amante non è altro che un parcheggio in cui far sostare per qualche ora la propria frustrazione».
L’attore bolognese, alla sua terza esperienza con Özpetek dopo Le fate ignoranti (2001) e Saturno contro (2007), è oggi felicemente sposato con Bianca Vitali, da cui ha avuto 2 anni fa il suo terzo figlio (due ne aveva avuti dall’ex compagna Laetitia Casta), ma la sua vita sentimentale non è sempre stata così serena. «Ho dovuto guardarmi dentro con l’aiuto di uno psicologo», spiega a Vanity Fair. «Perché tutti noi abbiamo piccoli tumulti personali, e perché tendevo a ritrovarmi spesso in situazioni che anche al di là della mia volontà, si ripetevano in maniera identica. Sensi di colpa? Li ho avuti e me ne sono liberato. Tra adulti, a meno che tu non sia stato con un essere abietto, e non è il mio caso, le cose si risolvono. Con i figli invece, anche se sono molto più autonomi di quanto non siamo disposti ad ammettere, ogni tanto il senso di colpa si risveglia ma non è in alcun modo legato alle separazioni del passato, bensì al mio mestiere. Faccio un lavoro che mi porta lontano dai miei figli e per quanto tu ti possa e voglia occupare di loro, a volte manchi, ed è un dato di fatto».
Per Edoardo Leo, l’appuntamento con Özpetek arriva con quasi vent’anni di ritardo: «Nel 2000 recitavo a teatro. Venne a vedermi e mi diede un biglietto da visita. “Sei molto bravo, mi piacerebbe parlarti, chiamami presto”. Un po’ per carattere e un po’ per timidezza, non mi azzardai. Da sempre penso che esista un momento giusto in cui le cose devono accadere». Nell’interpretare l’idraulico Alessandro, racconta, «la sfida più difficile era legare una figura archetipica, legata nell’immaginario popolare alle barzellette più viete sulla seduzione femminile e alle commedie sexy degli anni ’70, a un uomo che ha fatto una scelta diversa. Per trovare la chiave giusta mi sono affidato a Ferzan. Ho chiesto consiglio a lui».
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Anche l’attore romano insiste sull’universalità di questa storia d’amore. «Nel film balla soprattutto una questione spartiacque che vive all’interno di qualsiasi coppia, anche etero, senza figli. Per tutti arriva il momento in cui devi capire se con la persona che ti sta accanto vuoi passare il resto dell’esistenza oppure no. Arturo e Alessandro soffrono la tipica crisi di chi ha visto progressivamente spegnersi desiderio e attrazione. I bambini riescono in un piccolo miracolo laico. Distolgono lo sguardo di Arturo e Alessandro dall’infelicità di coppia e li costringono a posarlo su di loro. Così Arturo e Alessandro finalmente guardano al prossimo e non più soltanto al loro legittimo, ma piccolo egoismo. Iniziano a occuparsi dei bisogni di qualcun altro e in questo movimento inatteso scoprono l’uno dell’altro cose che neanche sospettavano. Arturo scopre che il suo compagno ha un innato e incredibile senso paterno. All’improvviso mi vede cambiato e capisce che potrei essere padre senza alcun problema. Se Arturo e Alessandro si chiamassero Gianna e Francesco, per la narrazione sarebbe identico. È solo amore. Il resto è definizione inutile. Curiosità morbosa. Sa cosa mi chiedono alcuni amici? Se nel film si vedono scene di sesso tra me e Stefano. Mentre esiste un erotismo che senza immagini esplicite risulta molto eccitante, poche cose mi annoiano più del sesso al cinema. Se quelle scene ci siano realmente o meno non lo dirò neanche a lei. Mi sembra la più inutile delle curiosità da soddisfare».