Stefania Rocca debutta alla regia di uno spettacolo teatrale che sente suo perché racchiude tutto ciò che le è più caro al mondo: l’ascolto, l’inclusione e il coraggio di cercare la propria identità.
Lo spettacolo si chiama La madre di Eva, un testo ispirato all’omonimo romanzo di Silvia Ferreri pubblicato da Neo che vede Rocca nel ruolo della madre della giovane Eva (interpretato sulla scena da Bryan Ceotto e Simon Sisti Ajmone), adolescente che ha sempre sentito di essere nata nel corpo sbagliato e che a un certo punto ha deciso di assecondare la sua natura e di sottoporsi a un intervento per diventare la persona che ha sempre saputo di essere: Alessandro.
Visualizza questo post su Instagram
L’attrice e regista, intervista da Vanity Fair, ha dichiarato: «Ho sempre visto la diversità come un colore creativo, ed è per questo che, quando mi sono approcciata alla regia di questo spettacolo, ho voluto mischiare diversi linguaggi che conosco per dimostrare che possono stare insieme», racconta Stefania Rocca che, dopo il debutto dello spettacolo a Milano, è in scena a Roma, anche se la sua speranza è quella di portarlo in quanti più comuni possibili. «È un tema particolare: più se ne parla e più sono contenta», ragiona Rocca, pronta a tornare al cinema nel film L’uomo che disegnò Dio di Franco Nero al fianco del premio Oscar Kevin Spacey e intenzionata a trasformare presto La madre di Eva in un film che vorrebbe dirigere lei stessa: dimostrazione di quanto quel trampolino da cui lanciarsi, dopo tutti questi anni, non le faccia più paura.
Perché sente questa storia come sua?
«Perché parla di un forte bisogno di libertà. Nella mia carriera mi è sempre capitato di interpretare dei personaggi anticonformisti che nutrivano una forma di ribellione verso qualcosa che non funzionava».
Come reagirebbe se i suoi figli le dicessero di voler cambiare sesso?
«Prima di mettermi al lavoro sono partita proprio da questa domanda: penserei a una fase transitoria? Lo negherei? È molto difficile quando ci stai dentro, ma probabilmente mi direi di viverlo e di capire man mano quello che arriva. Quando ho parlato con le associazioni per comprendere meglio quello che passa per la testa dei genitori di ragazzi come Alessandro, ho capito che è una condizione che non puoi capire con la testa, ma con il cuore. È importante provare ad abbandonare i pregiudizi e i paletti e iniziare a lavorare su te stesso e le tue paure».
Visualizza questo post su Instagram
A giudicare dalle scelte dell’attuale governo, sembra che alcuni principi cari alla comunità Lgbtqia+ siano in pericolo: crede che dovremmo avere paura?
«Alcuni diritti sono diventati patrimonio culturale comune per il nostro Paese, per l’Europa e per i Paesi occidentali. La tutela delle minoranze, l’inclusività, i diritti delle donne e quelli delle comunità Lgbtqia+ vanno assolutamente tutelati ed in alcuni casi rafforzati. Non certo indeboliti ma sicuramente difesi. Non bisogna aver paura, ma far sentire la propria voce e promuovere il dialogo e il confronto».
Visualizza questo post su Instagram