«Dobbiamo riformare tutta la giurisprudenza sui diritti, dobbiamo correggere gli errori», promette il giudice della Corte Suprema americana Clarence Thomas che non riesce a nascondere la soddisfazione dopo lo storico voto di venerdì scorso che ha annullato la Roe vs, Wade che, da 49 anni, stabiliva il diritto legale all’interruzione di gravidanza.
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Poco importa che la decisione dell’alta corte abbia scatenato un’eccezionale ondata di proteste in tutto il Paese, o che lo stesso presidente Biden l’abbia definita «una sciagura», secondo il 74enne Thomas, che si fa forte della maggioranza di toghe conservatrici (Neil M. Gorsuch, Brett M. Kavanaugh, Amy Coney Barrett e Samuel A. Alito), la stagione dei diritti civili è finita. E non mostra remora ad andare allo scontro con il governo, I prossimi obiettivi del giudice sono d’altra parte molto chiari anche se per il momento rimangono opinioni personali.
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Come ha ripetuto più volte ai media statunitensi vorrebbe annullare altre tre pietre miliari della giurisprudenza d’oltreoceano che negli ultimi decenni hanno contribuito a costruire plicata architettura dei diritti civili. Ovvero la Griswold v. Connecticut del 1965 che permette liberamente di ricorrere alla contraccezione, la Lawrence v. Texas (2003) che revoca il divieto a contrarre matrimoni tra persone dello stesso sesso, e la Obergefell v. Hodges (2015) che autorizza i matrimoni omosessuali su tutto il territorio federale da tempo bersaglio grosso della destra religiosa.
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All’appello mancherebbe soltanto la Loving vs. Virginia, una sentenza del 1967 che abolisce il Racial Integrity Act del 1924, ponendo così fine al divieto di matrimonio inter- raziale. Ma sarebbe un paradosso anche per il tetragono Thomas, che è un afroamericano sposato con una donna bianca.
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La consorte si chiama Virginia Thomas ed è un’avvocata d’affari molto influente (lo stesso Thomas è stato assunto come legale dalla multinazionale Monsanto per diversi anni; tra il novembre del 2020 e il gennaio 2021 si è dannata anima e corpo per raccogliere le “prove” che avrebbero dovuto invalidare l’elezione di Joe Biden.