Ritorno al passato e stop alla depenalizzazione della prostituzione che “schiavizza” le donne, per riuscire ad abolirla. E’ la proposta lanciata dal premier socialista spagnolo Pedro Sanchez al termine del congresso del suo partito a Valencia.
La prostituzione è stata depenalizzata in Spagna nel 1995 e un rapporto Onu del 2016 ha stimato che l’industria del sesso nel Paese vale almeno 3,7 miliardi di euro. Prima ancora, un rapporto del 2011, ha collocato la la Spagna al terzo posto nel mondo, dopo Thailandia e Porto Rico, tra i Paesi dove la prostituzione è maggiormente diffusa. Si stima inoltre che fino al 39% degli spagnoli abbia avuto rapporti sessuali con prostitute.
Attualmente, la prostituzione è legale, purché non vi sia coercizione e non avvenga in spazi pubblici, anche se il favoreggiamento e lo sfruttamento sono ancora reato. Nel Paese, da quando la pratica è stata depenalizzata c’è stato un vero e proprio boom, con circa 300mila prostitute attive.
Secondo varie analisi, tuttavia, oltre l′80% delle prostitute in Spagna sono vittime di mafie e organizzazioni criminali. Secondo l’associazione Cats, che fornisce assistenza alle prostitute nella Spagna sudorientale, l’abolizione completa del mercato del sesso a pagamento è molto improbabile, mentre un ritorno alla criminalizzazione rischierebbe di marginalizzare ulteriormente le lavoratrici del sesso.
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Un’altra novità è stata annunciata dalla ministra della Sanità spagnola Carolina Darias. L’obiettivo è allargare il diritto alla riproduzione assistita alle donne single, lesbiche e transessuali. Nelle regioni spagnole, la posizione sulla questione è differente. In alcune comunità autonome la riproduzione assistita è garantita solo alle donne eterosessuali, ma lo scopo è quello di allargare il diritto anche a donne single, single e trans in tutte le zone.