Chiesa, omosessuali e castità. Daniel Mattson racconta di aver accolto la proposta della Chiesa alle persone omosessuali e di come sia rinato, come persona e come cristiano.
“Impossibile!”. Così viene liquidata la proposta della Chiesa alle persone con tendenza omosessuale, ovvero la chiamata alla castità. Ma il musicista del Michigan, Daniel Mattson, ribalta gli schemi: «Ho accolto la parola della Chiesa sulla castità e ho trovato la pace».
Avere inclinazioni omosessuali non è affatto incompatibile con la fede cristiana, né tanto meno con la vocazione alla santità. La questione è il disordine generato dagli atti sessuali, si chiamano “peccato” poiché sono inciampo, limite alla felicità stessa dell’uomo. Non per chissà quale capriccio teologico.
La prova vivente di ciò è appunto Mattson che ha messo per iscritto la sua biografia (introdotta dal card. Robert Sarah) in Perché non mi definisco gay. Come mi sono riappropriato della mia realtà sessuale e ho trovato la pace (Cantagalli 2018). Cresciuto come cristiano, ha vissuto con dramma le attrazioni sessuali per lo stesso sesso fino a ritenere inutile un’armonizzazione, cedendo alle sue pulsioni. L’infelicità era la sua croce, almeno fino all’incontro con Courage, l’apostolato di persone omosessuali fondato dal card. Terence Cooke, arcivescovo di New York. Da allora Mattson rifiuta di etichettarsi come “gay” avendo scoperto, grazie alla Chiesa, di essere più che la sua omosessualità.
Condizione che oggi ha accettato pienamente senza sentirsi in colpa, in quanto vive nella castità. «Ho trovato la libertà nell’insegnamento della Chiesa», ha raccontato di recente in un convegno svoltosi ad Angri (SA), alla presenza del vescovo Giuseppe Giudice. «Il Papa ci ha insegnato l’importanza di accompagnare le persone e dobbiamo cominciare là dove sono nel loro percorso. Gesù mi dice che non sono condannato. E questo è un dono, ma è anche un dono che mi dica: “vai e non peccare più”».
Una bella testimonianza, indicata prevedibilmente come “omofoba” dai cattocomunisti di Adista, legati a Vito Mancuso, Luca Kocci e all’associazione progressista Noi Siamo Chiesa, scomunicata da Bergoglio. Arrabbiati per l’importante presenza del vescovo Giudice, lo stesso che ha chiesto di «sintonizzarsi con l’orologio di Papa Francesco». Curioso, per questi “cattolici” anche seguire alla lettera l’indicazione del Catechismo cattolico sarebbe un atto di omofobia. Quanti altri Mattson serviranno perché il pregiudizio possa essere davvero sconfitto?