Giugno è il mese in cui tutte le piazze del mondo si riempiono di carri e bandiere arcobaleno per festeggiare l’amore libero, quello senza sfumature né pregiudizi. Sfortunatamente, però, insieme alle celebrazioni arrivano puntuali anche le polemiche. Dalla politica al mondo dello spettacolo, passando per i social network, infatti, sono in molti quelli che si sentono in dovere di esprimere il proprio dissenso, non tenendo minimamente conto degli effetti che le loro azioni e le loro parole, che di solito vanno ben oltre la semplice disapprovazione, potrebbero avere. Ed è proprio per questo che l’Irriverente giornalista Simone Di Matteo ha deciso di dire la sua, non risparmiando né personaggi di spicco come Giorgia Meloni né celebrità del calibro di Arisa.
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All’interno della sua settimanale rubrica di satira per la testata giornalistica digitale NewsPrima del mercoledì, l’ex concorrente di Pechino Express – Le civiltà perdute ha riflettuto sul cosiddetto Pride Month e su cosa significhi viverlo al giorno d’oggi in Italia, un Paese in cui la comunità LGBT+, specialmente da quando i meloniani sono saliti al Governo, sta riscontrando sempre più difficoltà e vede quotidianamente minacciati quei diritti conquistati a fatica dopo anni e anni di lotte. Aspetto, quest’ultimo, sottolineato dallo stesso Di Matteo a più riprese all’interno del suo articolo, dove ricorda i moti dello Stonewall Inn che si verificarono nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969.
“Giugno, si sa, è il mese del Pride, in memoria della prima Marcia dell’Orgoglio che si tenne nel 1970 – esordisce lo scrittore – […] È quel periodo dell’anno in cui si riaccende, più vivido che mai, il ricordo della strage dello Stonewall Inn, il locale gay più in voga di Manhattan, nella speranza (purtroppo vana) che certi episodi non possano più verificarsi. È quel periodo dell’anno in cui si scende in piazza con la fierezza di poter esprimere il proprio io interiore nella maniera che si ritiene più opportuna benché l’altrui giudizio non richiesto sia sempre dietro l’angolo. È quel periodo dell’anno in cui si festeggia (o meglio si dovrebbe festeggiare) la libertà, prerogativa INELUTTABILE di ogni singolo essere umano […] di poter essere semplicemente se stessi nel pieno rispetto della libertà degli altri. Ma al tempo stesso, nostro malgrado, è anche quel periodo dell’anno in cui ci viene puntualmente rammentato come tutto questo, ad oggi, resti solamente un’utopia”.
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Insomma, uno sguardo poco fiducioso sulla realtà italiana contemporanea, della quale lo scrittore evidenzia quelli che, secondo lui, sono i tratti più caratteristici che rendono, nel nostro Paese, l’amore libero un sogno ancora irrealizzabile.
“L’Italia è quel Paese – prosegue nell’invettiva – dove i Santi vengono mandati al rogo e gli Empi vengono glorificati, un po’ quel che avvenuto con la beatificazione post mortem del “tutto fuorché beato” Cavalier Silvio Berlusconi, le cui penose esternazioni sulla comunità LGBT+ non mancheranno di sicuro a nessuno. L’Italia è quel Paese in cui Giorgia Meloni in un primo momento si proclama garante degli interessi di TUTTI i cittadini per poi, subito dopo, adoperarsi strenuamente per minare le fondamenta di una fetta di quella comunità che è stata chiamata a rappresentare. Non a caso, l’Italia è quel Paese in cui si alimentano lo spettro dell’utero in affitto e lo spauracchio della maternità surrogata per intaccare, seppur indirettamente, la solidità dei diritti civili. […] L’Italia è quel Paese in cui celebrità del calibro di Arisa si ergono a modello delle più nobili cause sulla scia della tendenza più in voga del momento, oscillando qua e là nemmeno fossero le bandiere arcobaleno che oscillano al vento sui carri del Pride. Dev’essere stata, in effetti, un’ondata di femminismo a portarla a sostenere il primo Presidente del Consiglio donna della nazione, facendole dimenticare, forse per un attimo, le convinzioni che l’hanno da illo tempore animata. L’Italia è quel Paese in cui i transessuali vengono ancora presi a manganellate dalle forze dell’ordine, il che non stupisce viste le violente retate contro gruppi di studenti pacifici lo scorso anno, e dove l’autorità centrale, quella che si definisce democratica e giusta sebbene assuma sempre più le fattezze di un organo autoritario, si congratula con loro, o peggio le difende”.
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Una visione che non lascerebbe via di uscita, ma alla quale Di Matteo trova il rimedio nell’amor proprio e nella non curanza del giudizio negativo altrui:
“Nel bene o nel male – conclude – l’Italia è quel Paese che finalmente ha quel si merita. Perciò, non sprecate il vostro tempo a cercare di convincere quei sordi che non ne vogliono assolutamente sapere di ascoltare. Piuttosto, trattateli con amore e umana compassione, le stesse qualità che chi ci condanna, sotto l’egida del Family Day e della famiglia tradizionale venerata al pari di una setta, millanta di possedere, ma in realtà non conosce affatto!!!”.
E voi, che cosa ne pensate?