di Stefano Di Capua
Viaggio e danza. L’esistenza di Shasa Nil, somma maestra di danze orientali, si è dipanata in un continuo errare attraverso il mondo, alla ricerca di se stessa, nel tentativo di realizzare le proprie ambizioni artistiche e professionali. All’anagrafe Maria Laura Cucurullo, 36 anni, originaria dei famigerati ma generosi quartieri Spagnoli di Napoli, Shasa che in lingua africana significa acqua cristallina, dopo un breve periodo a Vico Equense, città natale del padre, ha lasciato la sua terra e la sua famiglia di pescatori per girare il mondo e perfezionarsi nell’arte delle danze orientali, prima di rientrare nel napoletano, dove ha fondato la sua scuola. “Sono una donna di mare perché i miei antenati erano esperti navigatori e marinai”, ci racconta Shasa. “Ho sempre amato il mio paese, ma crescendo ho capito che la realtà di provincia, troppo retrograda, cozzava con le mie ambizioni e i miei sogni e, così, un bel giorno, ho fatto le valigie e sono partita per Cuba”.
Shasa, com’è nata la sua passione per le danze orientali?
“A 18 anni sono andata via di casa e mi sono trasferita a Cuba dove ho studiato danze caraibiche per quasi 8 mesi. Da lì, poi, sono volata in Egitto, ho iniziato a seguire dei seminari di ballo e ho conosciuto il mio maestro coreografo Miro con cui iniziai a lavorare. Sono stata per ben 5 anni nella compagnia dell’Alf Leila Wa Leila di Sharm El Sheik dopodiché mi sono spostata a Il Cairo e a Dubai. Con questo bagaglio di esperienze accumulato in giro per il mondo e in ambienti specifici per la mia disciplina, sono ritornata a Vico Equense e ho aperto un’associazione per promuovere la danza del ventre”.
Che vuol dire essere una ballerina di danza del ventre in Italia?
“Purtroppo in Italia la danza del ventre non è valutata come una delle arti più antiche e più belle del mondo ma come un mero mezzo di seduzione, troppo spesso erroneamente accostato al sesso. Per questo motivo mi sono prefissata l’obbiettivo di far comprendere a tutti che la danza del ventre, pur trasmettendo grande sensualità, non è né più né meno di un tango o di una baciata. Chi pratica questa disciplina non è certo una poco di buono, come molti credono”.
Attraverso i suoi social, sta promuovendo questa disciplina a scopi terapeutici…
“Certo, la danza del ventre è un ballo terapeutico perché consente a tutte le donne che la praticano di potersi guardare allo specchio e riuscire ad amarsi, indipendentemente dai difetti fisici. Secondo me non esistono donne brutte ma solo donne con una femminilità spenta che è possibile riaccendere proprio attraverso quest’arte dagli stili molteplici. Il concetto di sorellanza che si esprime ballando accomuna e lega tutte le partecipanti che, così, si sostengono a vicenda”.
Ha anche avviato dei progetti importanti incentrati proprio sulla danza del ventre. Di che si tratta?
“Si, ho avviato un primo progetto in collaborazione con l’Usl, studiando un percorso formativo di accompagnamento pre e post parto. Ho eseguito lezioni durante la settimana dell’allattamento nell’Usl Napoli 3 Sud. Tutti i movimenti della danza aiutano i muscoli della zona pelvica e sono fondamentali per supportare la respirazione durante il parto. Dopo la gravidanza, noi donne spesso ci sentiamo brutte e quindi danzare può essere un modo per tenerci sempre vive. Il secondo progetto, invece, è quello della Oriental Naples Dance (tecnica della danza orientale applicata sulle note delle canzoni partenopee). Viaggiando ho scoperto tante fusion che mescolavano discipline diverse e così ho ideato la danza del ventre napoletana. Alcuni miei videoclip hanno spopolato sul web, superando i 30 milioni di visualizzazioni”.