Di Rita Celi per Repubblica.it
“Sono stato colpito tre volte, e tre volte mi sento attaccato: come omosessuale, come regista e come persona”. Con queste parole Sebastiano Riso, 34 anni, racconta l’aggressione subita lunedì pomeriggio nell’androne del palazzo dove abita in zona Piramide, a due passi dal centro di Roma. Due uomini l’hanno colpito lanciando insulti omofobi contro di lui e contro il suo film, Una famiglia, presentato in concorso alla Mostra di Venezia, che affronta il controverso tema dell’utero in affitto e la vendita clandestina di bambini partoriti da una donna (Micaela Ramazzotti) a coppie etero e a una coppia gay. I medici gli hanno riscontrato una contusione della parete toracica addominale e un trauma allo zigomo con edema alla cornea con una prognosi 10 giorni.
Riso, cosa è accaduto?
“Ero tornato da Milano dove ero andato per promuovere Una famiglia insieme al mio amico Sebastian Gimelli Morosini, che è anche tra gli interpreti del film, e stavamo scendendo dalle scale per andare a prendere un caffè quando una persona si è avvicinata, mi ha guardato e mi ha dato un pugno in faccia, poi allo stomaco e al costato. Mi è mancata l’aria e mi sono accasciato a terra, il mio amico mi ha subito raggiunto e ha iniziato a gridare e chiedere aiuto. È stato lui che ha visto che erano due uomini e che hanno urlato insulti “basta, avete rotto il c… voi froci” e ancora “I froci non devono avere figli””.
Cosa avete fatto dopo?
“Io e il mio amico siamo usciti dal portone e lì una vicina, che mi ha visto sporco di sangue, ci ha detto che già la mattina aveva notato due tipi sospetti aggirarsi intorno al portone. Poi siamo andati all’ospedale Fatebenefratelli dove mi hanno curato. A distanza di un giorno con l’occhio destro vedo solo una macchia, ma i medici mi hanno detto che è dovuto all’edema”.
Cosa l’ha spaventata di più?
“L’aggressione è avvenuta nelle scale del palazzo e mi sento confuso e turbato all’idea che questa gente sappia dove abito. Non avevo mai ricevuto nessun attacco di questo tipo in vita mia, è stato talmente violento che sono ancora tramortito, ho passato la notte in bianco”.
Ma ha deciso di denunciare i suoi aggressori.
“L’ho fatto perché la violenza è sempre inaccettabile, non si può reagire con omertà o con debolezza, non si può ammutolire di fronte a questi comportamenti, è fondamentale non abbassare la testa davanti a chi ti vuole togliere la libertà di essere quello che sei, nessuno ti può colpire per impedirti di esprimere quello che pensi. È in gioco l’arte stessa “.
L’attacco era proprio contro il suo film.
“È un film che si presta al dibattito, racconta della possibilità per le coppie gay di formare una propria famiglia e affronta il far west dovuto a una carenza legislativa che fa sì che esista un traffico clandestino di neonati. Sono tematiche che creano reazioni, come ho verificato a Catania, a Torino, a Bologna, e nelle altre città dove sono andato a presentarlo. Ci sono state critiche ma è stato il pubblico stesso a difendere il film. Il problema è riempire il buco legislativo, non alzare polveroni su un film”.
Dal Gay Center al mondo del cinema, sono molti i messaggi di solidarietà.
“Sono state le loro parole che mi hanno dato la forza di alzare la testa. Sapevo che il film non è politicamente corretto, non è ammiccante, ma non mi sarei mai potuto immaginare di tornare a casa con il volto tumefatto. Nonostante la paura e la rabbia che ancora provo, sono sicuro che continuerò a fare il mio lavoro, come e più di prima”.
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