L’Unione Europea vuole difendere pienamente i diritti delle famiglie arcobaleno e cancellare l’odiosa discriminazione che riguarda i loro figli quando si trasferiscono da un Paese membro a un altro che non riconosce questo tipo di legame familiare.
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Oggi infatti i diritti basilari come quello alla libera circolazione vengono quotidianamente negati alle famiglie arcobaleno anche nell’Unione Europea. Emblematico il caso di Adele e Lea, una coppia di donne sposate in Francia con due figli che, una volta trasferitesi in Ungheria, hanno dovuto affrontare ostacoli insormontabili per vedersi riconosciuta la loro genitorialità. La Commissione Europea propone quindi un nuovo regolamento, l’Equality Pack, che stabilisce che se sei una famiglia in un Paese, lo sei anche in tutti gli altri.
Un principio talmente ovvio che sembra persino ridondante doverlo ribadire, eppure oggi in Italia, e in pochi altri Paesi omofobi come Polonia e Ungheria, i figli di coppie omogenitoriali non sono riconosciuti alla nascita, con tutto ciò che ne consegue.
La proposta è quindi incentrata sull’interesse superiore e sui diritti dei bambini attualmente discriminati rispetto ai figli di famiglie eterosessuali. Secondo i dati della Commissione, questo limbo inaccettabile mette oggi a rischio i diritti fondamentali di circa due milioni di bambini. La questione è complicata, perché mette in contrapposizione due temi: il diritto di famiglia, la cui competenza è degli Stati membri, con il diritto alla libera circolazione che rappresenta uno dei principi fondativi dell’Unione Europea e che nessuno Stato può mettere in discussione.
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Credo che in questa partita si rivelerà cruciale la posizione del nostro Paese, storicamente protagonista di un’Europa dei diritti, che dovrà scegliere se allinearsi a quei Paesi autoritari come Polonia o Ungheria oppure se dare seguito alle rassicurazioni della premier Meloni che ha giurato che non intende cancellare i diritti per le persone Lgbtq. Il fatto che la Commissione abbia scelto lo strumento del regolamento, che per essere attuato nella sua completezza non ha bisogno del passaggio nei parlamenti nazionali ed è immediatamente esecutivo, segnala l’urgenza di superare questa intollerabile discriminazione, ma a Bruxelles stanno pensando a un percorso ancora più stringente per fare pressione su Stati potenzialmente recalcitranti.
L’idea infatti è quella di promuovere una risoluzione finale del Parlamento Europeo, probabilmente il prossimo maggio, che agirebbe come una sorta di pressione politica verso gli Stati membri, che a quel punto difficilmente potrebbero opporsi. In Italia come noto siamo indietro: attualmente il riconoscimento della genitorialità omosessuale è un terno al lotto senza alcuna certezza giuridica perché nulla è normato e spesso i riconoscimenti sono stati frutto di battaglie giudiziarie. Sono 17 gli Stati dell’Unione che riconoscono il matrimonio egualitario, fuori restano la Polonia, l’Ungheria, la Romania, la Lettonia, la Bulgaria, la Slovacchia e la Lituania. E l’Italia, si spera ancora per poco.