«Quando persone non possono avere figli per diverse ragioni, e con tanti bambini che sono abbandonati nel mondo, adottare è molto meglio che affittare un utero e prendere una donna come se fosse una macchina». Renato Zero torna a far sentire la propria voce sul tema della maternità surrogata: ospite del podcast Passa dal BSMT, l’iconico cantautore conferma – sempre con grande rispetto e pacatezza – il suo pensiero relativamente alla discussa gestazione per altri.
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«Lo dico con il cuore in mano: non mi piace la posizione di queste donne nei confronti di un servilismo», aggiunge. «Affinché la gente sia felice, rendono definitivamente infelice una persona che un figlio lo avrebbe voluto per sé». L’artista romano chiede quindi di snellire le pratiche per l’adozione, lui che nel 2003 l’ha vissuta in prima persona. «Prima di adottare Roberto, ho lasciato dieci anni di rodaggio. Volevo che entrambi fossimo convinti», rivela Renato.
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«In realtà ne sono passati otto: un giorno torno a casa e trovo mia madre sotto la doccia, completamente nuda, e mio figlio, con i boxer, che la lavava tutta. A quel punto lì ho chiuso la porta e due giorni dopo siamo siamo andati in Viale Giulio Cesare e abbiamo firmato le carte. E poi da quel momento si portava mia madre sulla motocicletta, che non era certo una bambina», aggiunge. «Per me era impazzito, ma lei si divertiva tanto. Una cosa davvero meravigliosa».
Tra i temi toccati, anche il bullismo, che il cantautore ha rivelato di aver subìto già nella prima adolescenza. «Tornavo a casa con i lividi e cercavo di nasconderli a mio padre per evitare che si preoccupasse. Certi elementi però mi hanno fornito quel coraggio e quella tranquillità di tornare indietro per chiedere loro se gli avevo fatto qualcosa di male. Di fronte ad una simile pacatezza, questi ragazzi restavano spiazzati, si guardavano tipo “annamosene va”».
«Il bullismo resta una malattia di questa società, laddove nelle case non viene amministrata l’opportunità di pensare che la diversità sia una ricchezza», conclude Renato, raccontando un episodio curioso legato proprio a casa sua. «Ai tempi del Piper, quando uscivo mi portavo i vestiti in un sacchetto e mi cambiavo nei portoni. Una volta mio padre volle vedere cosa avevo nel sacchetto e vide il boa di piume, l’accademico fucsia. Mi disse: “Tu da domani esci di casa così”».