Dopo aver a lungo angheriato il figlio della nuova compagna è stato infine condannato a un anno e quattro mesi dal tribunale di Ravenna, grazie all’intervento determinante della Corte di cassazione.
Si tratta di un uomo di 45 anni, che ha sempre considerato quei comportamenti rivolti contro l’allora 15enne come semplici scherzi, e comunque certamente estranei all’idea di maltrattamento. Un’idea del tutto personale, vista la crudeltà di alcuni dei sopra citati gesti ai danni dell’adolescente. L’uomo gli infilava la testa nel water per poi tirare lo sciacquone, gli infilava in bocca i suoi calzini usati, gli dava del ritardato mentale, lo colpiva con un cucchiaio sul didietro e lo leccava in faccia. Se ciò non bastasse, lo umiliava scattando foto mentre era nudo in bagno per poi diffonderle tra parenti ed amici, a cui presentava il ragazzo come un omosessuale.
Ciò che è più grave è che il tribunale di Ravenna, durante il primo grado di giudizio nel 2016, non abbia riconosciuto tale condotta come lesiva ai danni dell’allora 15enne, assolvendo l’uomo “perché il fatto non sussiste”. Quei comportamenti non potevano esser interpretabili come maltrattamenti di rilevanza penale, ma come semplici “situazioni di vita in parte ordinarie, in parte poco urbane, in altra parte frutto di sottocultura e maleducazione”. Tuttavia, come riporta il “Resto del Carlino”, il giudice le riteneva “non idonee a costituire reato”. La stessa moglie del 45enne aveva parlato semplicemente di un “manifesto infantilismo”, come quando il compagno contendeva all’adolescente la Playstation per giocarci.
La sentenza di primo grado è stata impugnata dal Pm Angela Sforza e dal legale di parte civile Giorgio Guerra, i quali hanno preferito saltare il secondo grado di giudizio per rivolgersi direttamente alla Cassazione. Il ricorso d’urgenza “per salto”, in caso di nuova respinta delle accuse, avrebbe decretato la fine del procedimento, ma così non è andata. Il Pm ha parlato di “condotte psicologicamente violente mediante la reiterazione sistematica di atti di disprezzo e di denigrazione” e del gioco usato come “strumento per esercitare violenza morale e per nasconderla”. L’avvocato Guerra ha ribadito il concetto, sostenendo anche che il 45enne avrebbe ridotto il giovane ad una “condizione di soggezione, costretto al silenzio e alla sopportazione”.
Il doppio ricorso è stato accolto dagli Ermellini, come si legge dalla sentenza. “Ci si trova in presenza di condotte sicuramente maltrattanti, caratterizzate da disprezzo nei confronti della personalità morale e della dignità del minore, e da minute ma reali violenze fisiche e morali”. La Cassazione ha rinviato il giudizio alla corte d’appello di Bologna, che ha modificato la sentenza di primo grado ed ha in primis condannato l’uomo al pagamento di 10mila euro di risarcimento alla sua vittima.