La trasmissione radiofonica Lo Zoo di 105 è stata sanzionata per uso di “espressioni volgari e denigratorie rivolte in particolar modo contro donne e omosessuali”.
Questo il motivo che ha spinto la Commissione Servizi e Prodotti (CSP) dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni a sanzionare con una multa di 125 mila euro (delibera n. 183/21/CSP) la società Radio Studio 105 S.p.a.: nel mirino due puntate del programma trasmesse in fascia diurna. È quanto si legge in una nota dell’Autorità che spiega di avere “accertato la violazione dell’art. 34, comma 2, del Tusmar che vieta di trasmettere ‘programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori e film vietati ai minori di anni 14’.
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All’interno delle due puntate sanzionate, andate in onda alla fine del 2020, sono state pronunciate, in maniera continuativa e morbosa, allusioni sessuali, messaggi di intolleranza e sono state utilizzate espressioni volgari e denigratorie rivolte in particolar modo contro donne e omosessuali”. L’Agcom ricorda che “l’emittente Radio 105 era già stata diffidata in passato dall’Autorità per aver diffuso espressioni dal contenuto fortemente denigratorio in violazione del regolamento di contrasto all’hatespeech (Delibera n. 157/19/CONS)”.
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Commentando la delibera, la Commissaria relatrice Elisa Giomi, sociologa dei media, ha dichiarato: ”È fuori luogo parlare di uso iperbolico di espressioni grezze o di mero elemento sonoro – come hanno argomentato, a difesa delle trasmissioni sanzionate, i rappresentanti di Radio Studio 105 – perché il registro umoristico, in queste circostanze, è un’aggravante, contribuisce a creare accettazione e consenso sociale intorno al linguaggio d’odio e allo scherno sprezzante. Ugualmente, il meccanismo della ripetizione ossessiva non determina la perdita di significato delle parole, ma al contrario ne aumenta la carica nociva e il potenziale di riproduzione, come accade con i virus che più circolano più sfuggono al controllo”. A cosa fa riferimento Giomi? Alla replica dell’emittente che parla di “un esempio non isolato di comicità grossolana imperniata sull’uso iperbolico di espressioni grezze, capaci di suscitare il riso”.
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