Nel 2021, l’Ungheria ha approvato una legge che vietava di “promuovere” il cambio di genere e l’omosessualità tra i minori di 18 anni.
Una norma che ha avuto un impatto sulle scuole, ma anche sui prodotti culturali in generale, creando di fatto una stretta censura contro tutti i contenuti legati alla comunità Lgbt. È stata ritenuta co-responsabile anche dell’aumento dei crimini di odio nel Paese contro persone Lgbt. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’ha definita una norma “vergognosa”.
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A dicembre 2022, dopo ripetuti tentativi di spingere il governo di Viktor Orbán a ritirare la legge, la Commissione ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia dell’Ue. È la più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti alla Corte, e sostiene che la norma violi l’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
C’era tempo fino al 6 aprile per decidere di appoggiare questo ricorso. Lo hanno fatto il Parlamento europeo e quindici Paesi dell’Ue, tra cui Francia e Germania. L’Italia, invece, si è tirata indietro.
Pochi giorni dopo l’approvazione della legge, nel giugno 2021, tredici Paesi dell’Unione europea avevano sottoscritto una dichiarazione congiunta per condannare il provvedimento in questione. L’Italia, dopo che il governo di Orbán non aveva dato chiarimenti, era diventata il quattordicesimo Paese a firmarla.
In Europa il gov. Meloni si schiera con Orban a difesa della vergognosa legge ungherese contro la comunità LGBTI+. Dopo lo stop alle registrazioni dei figli delle famiglie arcobaleno,un altro passo verso l’omofobia di Stato. Con Meloni l’Italia va in rotta di collisione con l’UE.
— Riccardo Magi (@riccardomagi) April 7, 2023
Lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi, in sede europea, aveva ricordato al premier ungherese che sarebbe stata la Commissione europea a decidere se la legge violava i trattati dell’Ue. Oggi, evidentemente, la posizione del governo italiano sui diritti delle persone Lgbt e sui rapporti con il governo ungherese è cambiata.
I Paesi che hanno scelto di sostenere il ricorso contro la legge sono quindici: Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia e Grecia. Sono inclusi, tra l’altro, tutti i Paesi fondatori dell’Ue, tranne l’Italia.
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Al contrario, il governo Meloni ha deciso di allinearsi a un’altra parte dell’Unione europea: insieme a Roma, hanno ignorato il ricorso anche Polonia, Romania, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca e Slovacchia.