Se vorrà partecipare alla Conferenza internazionale per i diritti delle persone omosessuali nelle forze dell’ ordine, dovrà farlo senza divisa. Michela Pascali, poliziotta in servizio alla questura di Firenze, si è infatti vista negare il permesso di vestire l’ uniforme all’ ottava riunione dell’ European Glbt Police Association, assemblea che unisce le associazioni che in 16 Paesi europei si battono per il riconoscimento di pieni diritti per gay, lesbiche e transessuali nelle forze armate e nei corpi di polizia.
Il convegno, in programma tra il 27 e il 29 giugno a Parigi, è organizzato in collaborazione con i ministeri degli Interni e degli Esteri francesi. (…) quando la poliziotta ha chiesto di poter partecipare con indosso la divisa, la questura fiorentina ha risposto che «le competenti articolazioni » del ministero dell’ Interno avrebbero « valutato di escludere l’ uso dell’ uniforme » , considerato «il carattere non istituzionale della partecipazione».
Il rifiuto della questura di Firenze segue i pronunciamenti di segno opposto arrivati nelle scorse settimane per altri due poliziotti che, a Milano e Genova, si sono visti autorizzare dal ministero dell’ Interno l’ uso della divisa al convegno, con la precisazione che « l’ autorizzazione non deve essere intesa come delega a rappresentare ufficialmente la Polizia di Stato »
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Una posizione molto prudente, se confrontata con quella della polizia locale di Torino, che non solo consente a due suoi agenti di andare a Parigi in divisa, ma riconosce loro la possibilità di farlo durante il regolare servizio, senza dovere spendere giornate di ferie o congedo.
Michela Pascali è anche vicepresidente di Polis Aperta, l’ associazione formata da militari, poliziotti e appartenenti alle polizie locali che da anni si batte per i diritti degli omosessuali in divisa.
Il presidente Gabriele Guglielmo commenta: «La quasi totalità dei colleghi in arrivo da tutta Europa parteciperà in regolare uniforme, molti anche in servizio, dal momento che è evidente la natura istituzionale dell’ evento. Peraltro, la collega fiorentina, come altri, per scelta non aveva chiesto di risultare in servizio ed è pronta a coprire di tasca propria tutte le spese di trasferta. Solo, chiedeva di potere andare in divisa. Non si comprende come mai la questura di Firenze, o direttamente il ministero dell’ Interno, abbiano ritenuto di rifiutare una richiesta identica a quelle che per i colleghi di Genova e Milano sono invece state accettate».
La poliziotta ha rinunciato a contestare formalmente il divieto a vestire la divisa. Ma ha chiesto accesso agli atti, per capire quale ufficio abbia davvero preso la decisione.
Estratto dell’articolo di Franco Vanni per la Repubblica