Da http://www.rollingstone.it/
Nel 1994, l’educatrice sessuale Janet W. Hardy venne costretta a letto per un mese da una febbre molto alta, che si trasformò in bronchite. Era, come dice lei stessa, «strafatta di sciroppo per la tosse a base di codeina», quando vide in televisione una replica di Proposta indecente. Nel film, la coppia di coniugi formata da David (Woody Harrelson) e Diana (Demi Moore) si confronta con un profondo dilemma morale quando un miliardario di nome John (Robert Redford) offre a loro un milione di dollari in cambio di una notte di sesso con Diana.
Janet Hardy, che oggi ha 62 anni, era stata sposata anche lei, ma dopo la fine del matrimonio, una decina di anni prima, non aveva mai più avuto una relazione monogama. Vedendo la copia tentennare di fronte all’offerta del miliardario, si chiese se non stesse avendo qualche allucinazione causata dalla febbre. «Ero seduta sul divano a chiedermi cosa stesse succedendo», dice a Rolling Stone dalla sua casa in Oregon. «Un milione di dollari, Robert Redford e ancora ci devono pensare? Non aveva senso per me. A quel punto capii quanto lontana fossi dall’etica sessuale mainstream».
Hardy allora contattò la sua amica e collaboratrice, la psicoterapeuta Dossie Easton, per lavorare su un libro riguardante la non-monogamia. Le due avevano già scritto due libri sulle bizzarrie sessuali, molto letti nei circoli BDSM ma non di grande successo. Sia Easton che Hardy si definivano queer e poliamorose, e la Easton aveva intenzione di cambiare la percezione del termine “zoccola” (slut, in originale, ndt).
Unirono le loro esperienze con il sesso occasionale e i matrimoni aperti, tra orge e gelosie da combattere. Nel 1997, attraverso la casa editrice indipendente di Hardy, Greenery Press, pubblicarono The Ethical Slut: A Guide to Infinite Sexual Possibilities (in Italia, La zoccola etica. Guida al poliamore, alle relazioni aperte e altre avventure, edito da Odoya, ndt). Il libro vendette 200mila copie.
Il primo utilizzo della parola “poliamore” si attribuisce alla sacerdotessa pagana Morning Glory Ravenheart Zell nel 1990. Nonostante diverse forme di non monogamia si siano presentate nelle varie culture per millenni, in quella occidentale, all’inizio degli anni ’90, veniva ancora vista come una pratica alternativa, favorita da, appunto, culti come quello pagano.
Oggi il poliamore è molto meno legato a una sottocultura specifica. Nelle due decadi successive dalla pubblicazione di The Ethical Slut, il poliamore si è diffuso così tanto che, sebbene non sia diventato una pratica di massa, viene comunque molto più accettato e compreso. Secondo un articolo di Psychology Today del 2014, almeno 9,8 milioni di americani hanno una relazione non monogama.
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«Venti anni fa ricevevo di continuo telefonate da producer che mi chiedevano, “Puoi indicarmi una famiglia poliamorosa che non sia composta da vecchi hippie o da pazzi urlanti?”», ride Hardy. «Dicevo di no, perché, punto primo, avrei dovuto consegnare la mia rubrica e, punto secondo, quelli erano i praticanti in quegli anni. Ma oggi, quando tengo conferenze con praticanti del poliamore, sono tutti giovani professionisti, splendenti e totalmente inseriti in società. È molto diverso».
Heather è un’avvocato 35enne che vive con suo marito e i suoi due figli a Toronto (il suo nome è stato cambiato per questioni di privacy). Lei e suo marito iniziarono a frequentarsi a 17 anni, un paio di anni dopo l’uscita di The Ethical Slut. I due teenager canadesi non avevano ancora il linguaggio adatto a capire cosa volevano dal loro rapporto.
«Era prima dei forum di Internet, prima di tutto. Andavamo a istinto», dice lei. «Non conoscevo la parola poliamore. Non sapevo che ci fossero così tante altre coppie con relazioni etiche e non monogame». Il modello che avevano visto applicato dai loro genitori e dai loro amici era quello di una coppia monogama, ma non sembrava quello giusto per loro. Tutto ciò che sapevano lei e il suo fidanzato era che si piacevano molto ma non vivevano quel sentimento come esclusivo.
«Parlammo una sera e in pratica saltò fuori che a nessuno dei due avrebbe dato fastidio se avessimo flirtato con altra gente», dice Heather dell’inizio della loro relazione. «Anzi, ci piaceva molto quell’aspetto». Lei e il suo fidanzato erano molto estroversi, con molte amicizie, e flirtare con altre persone era naturale.
Heather, che si identifica come queer, apprezzava il fatto che potesse indagare la sua sessualità anche con altre donne. Andarono a convivere a 19 anni. Il suo ragazzo, che lavorava in un ristorante, iniziò a frequentare una donna, una sua collega, e quando Heather la vide, si sentì attratta da lei. Iniziarono una relazione a tre che durò poco meno di un anno. The Ethical Slut descrive questa relazione come una triade, ma nè Heather nè il suo partner lo potevano sapere.
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«Quella fu la nostra prima esperienza a tre non occasionale», dice. «Eravamo certi di essere dei rivoluzionari. Dei pionieri». Alla fine, ricorda Heather, la cultura attorno a lei iniziò ad avvicinarsi al suo mondo. Il merito, secondo lei, andava al fatto di vivere in una città progressista come Toronto e alla capacità di Internet di «unire le persone che pensavano in modo diverso dalle altre». Entrò in contatto con The Ethical Slut a 30 anni, quando era già ben inserita in quella che descrive «una comunità particolare di persone meravigliose, poliamorose, kinky e queer».
Come Heather, sia Hardy che Easton dovettero comprendere quale fosse il loro modello ideale di vita sessuale. Easton, che oggi ha 73 anni, uscì da una traumatica relazione nell’estate del 1969 e decise che il suo unico modo di vivere d’ora in poi sarebbe stato quello di essere «una zoccola. Non sarei mai più stata monogama», dice. L’idea di aprire una sorta di comune la stuzzicò parecchio, così prese sua figlia, appena nata, e fondò una casa nella queer community di San Francisco. Si unì al gruppo San Francisco Sex Organization e tenne lì la sua prima lezione sull’imparare a non essere gelosi nel 1973.
Hardy, 62 anni, è stata sposata per 13 anni fino a quando, nel 1988, capì che la monogamia non le apparteneva più. Mise fine al suo matrimonio quell’anno. Pochi anni dopo, nel 1992, incontrò Easton in un gruppo BDSM di San Francisco, chiamato Society of Janus. Easton stava tenendo una lezione chiamata Ottenere dolore con i bastoni, nel fisico e nella mente e Hardy si offrì volontaria per una dimostrazione. Due anni dopo, la coppia diede una dimostrazione di sadomaso nel Big Sur, durante un raduno del Mensa (l’organizzazione mondiale che raduna le persone con un QI molto elevato, ndt). «Pensa dove siamo finiti», dice Hardy.
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«Dossie tornò a casa perché era l’ambiente era così etero che non riusciva a sopportarlo», dice Hardy. Più tardi, incontrò un altro amico che riportò una conversazione che aveva sentito, riguardo la conferenza. «Una signora aveva detto, “Hai sentito di quel workshop sul sadomaso di oggi pomeriggio? C’erano queste due donne che parlavano di cosa avevano fatto insieme, e il fidanzato di una delle due era seduto tra il pubblico!”».
Non solo le sperimentazioni sessuali non ebbero un grande successo al Mensa, ma la non monogamia poteva ancora essere uno scandalo nel 1994. Amber – anche questo nome è stato inventato per ragioni di privacy – è nata più meno nello stesso periodo di quella conferenza, e oggi lavora per un’associazione non profit di giustizia sociale a Brooklyn. A 23 anni, è appena più vecchia della prima edizione di The Ethical Slut. Il suo vocabolario è punteggiato da termini che Hardy, Easton e Heather hanno impiegato anni per imparare a usare. Preferisce il termine poliamore a relazione aperta, perché quest’ultima impone una sorta di gerarchia tra le relazioni, e lei non vuole avere un partner principale.
Chiama gli amici con cui fa sesso paramanti, mentre i metamanti sono quelli con cui condivide un partner. «Sono davvero fortunata perché vado d’accordo con la maggior parte dei miei metamanti», dice. «Ho imparato recentemente una lezione, non sempre ti deve piacere il tuo metamante, ma è comunque ok!». Quando, invece, il rapporto funziona si sviluppa la “compersion”, che The Ethical Slut descrive come “il sentimento di gioia nel vedere il proprio partner sessualmente felice con un’altra persona”.
Suo fratello, che ha 18 anni ed è genderqueer, si identifica anche lui come poliamoroso, e Amber ne ha parlato con I suoi genitori. «Ho spiegato ai miei, “Sapete, esco con questa persona, e questa persona, e questa persona”», dice. «L’ho detto a mia mamma e la sua prima preoccupazione è stata “E se poi, mentre fai sesso, dici il nome di un altro?”».
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Nonostante Amber si identifichi come poliamorosa da pochi anni – aveva 19 anni quando chiese al suo fidanzato di aprire la loro relazione – parla con la sicurezza e l’autorità di una che ha sperimentato la sua sessualità per tutta la sua età adulta. Sottolinea il valore della comunicazione nelle relazioni, in particolare quando si tratta di sentimenti. E del rischio di restare feriti.
«Sono certa che stai per farmi la domanda sulla gelosia», mi anticipa. «Certamente, noi persone poliamorose dobbiamo confrontarci con la gelosia, ma la vediamo come un’emozione di cui essere a conoscenza e da affrontare attraverso il dialogo».
La gelosia di solito nasce dall’insicurezza e dalla paura, dice, riassumendo gran parte di The Ethical Slut, e può richiedere una dose di “riflessione e metacognizione” per affrontarla. Amber è molto attiva nella scena poliamorosa, kink e queer di New York e frequenta diversi eventi alla settimana, tra cui incontri BDSM e serate scambiste. Le chiedo se tutti i suoi partner facciano parte della stessa comunità. Risponde ridendo. «Sì, che piaccia o meno», dice. «Anche quando rompi con qualcuno, alla fine sei sempre nella sua area, in qualche modo». C’è poca separazione tra la sua vita sessuale e quella sociale. Ma Amber non è per niente dispiaciuta di questo, e perché non dovrebbe esserlo? La parola “zoccola” non ha più la stessa connotazione che aveva quando Hardy e Easton erano delle 23enni.
Da quando il poliamore viene trattato meno come una novità assurda e più come un modello di relazione valido, il mondo dell’entertainment ha imparato a rifletterci su. Nella web serie in otto episodi Unicornland, Annie (Laura Ramadei) prova a esplorare la sua sessualità dopo la fine del suo matrimonio. Lo fa attraverso la pratica dell’”unicorning”, ovvero si unisce a una coppia per fare del sesso a tre.
Ogni episodio, che dura dai tre ai sette minuti, introduce Annie a una nuova tipologia di relazione: etero, lesbica, kinky o matrimoni molto lunghi che hanno bisogno di nuova energia. Dipinge uno schema molto specifico di poliamore, ma così facendo analizza la ricchezza e la complessità delle tipologie di coppie moderne che vengono completamente ignorate dai media mainstream.
«Sono sempre stata coinvolta in queste lunghe relazioni, tutte con lo stesso scopo: il matrimonio e l’amore eterno», dice la creatrice della serie, Lucy Gillespie, 32 anni. Come Annie, anche lei si è sposata presto, a 26 anni, per poi separarsi appena quattro mesi dopo. «Una causa della separazione è stata la mancanza di comunicazione nelle mie relazioni, sentivo i miei bisogni venire sempre dopo rispetto a quelli del mio partner», dice. «Poi ho realizzato che non avrei dovuto permettere che mi succedesse questo». Dopo il divorzio, iniziò una specie di «tour delle tipologie di relazioni», dice, e venne introdotta nella scena fetish di New York. «Per la maggior parte, sono persone molto interessanti e molto consapevoli di sè, che sviluppano relazioni poliamorose profondamente etiche e ben funzionanti».
Gillespie lesse The Ethical Slut due anni fa, e iniziò a scrivere Unicornland circa sei mesi dopo. L’idea dell’”uncorning” la affascinava come espediente narrativo, perché l’evoluzione della sua sessualità fu più un processo interno, mentale. «Grazie a questa pratica, Annie riesce a inserirsi nelle relazioni e capire il loro funzionamento dall’interno», dice Gillespie. «Penso che le tipologie di coppie della serie siano le migliori per comprendere ogni aspetto del poliamore». Gli otto episodi guidano gli spettatori attraverso una serie di problemi che accadono alle coppie poliamorose, tra cui la gelosia e la sperimentazioni ai confini dell’etica e del rispetto. Nel sesto episodio, Kim (Ali Rose Dachis) torna dal bagno e vede Samara (Diana Oh) e Annie amoreggiare nel letto. «Abbiamo delle regole», dice. «Niente baci durante queste serate». È una battuta semplice, ma fa capire quando lavoro ci sia dietro il mantenimento di una sana relazione poliamorosa, senza arrivare ai drammi di Proposta indecente.
«Vediamo degli show televisivi che affrontano in modo specifico il poliamore», dice Hardy, riflettendo sul fatto che le cose siano migliorate dai tempi del film con Robert Redford. Cita un episodio di Crazy Ex-Girlfriend dove la protagonista Rebecca Bunch si innamora di due uomini e non sa chi scegliere tra loro. «A quel punto chiede informazioni a una triade poliamorosa per capire come affrontare la situazione, e quello che scopre alla fine è semplicemente che le sue visioni sono molto ristrette». Chiedo a Hardy se riesce a ricordare altri esempi mainstream di poliamore. Mi parla del non proprio recente film Bandits e di Big Love, il drama di HBO sulla poligamia nella comunità mormone. Le opzioni non sono esattamente abbondanti, ma il successo di critica di show come Unicornland e Broad City (in cui il personaggio di Ilana Glazer esce con Hannibal Buress per le prime tre stagioni dello show mentre continua ad avere rapporti sessuali con altre persone) indica che il pubblico più giovane è pronto ad accettare senza troppi problemi di questo tipo di relazioni.
L’edizione per il ventennale di The Ethical Slut, uscita il 15 settembre, è stata significativamente aggiornata e espansa dal suo debutto sottotono, includendo una sezione riguardante i pionieri del poliamore, l’attivismo black di stampo poliamoroso e, ovviamente, il cambiamento di attitudine delle nuove generazioni. Le autrici sanno che i millennial che leggono oggi il libro non sono cresciuti nella stessa società di Hardy e Easton, ovvero prima della rivoluzione sessuale, quando finire all’altare era considerato un destino già scritto.
L’essenza del libro di Hardy e Easton però è la stessa di vent’anni fa. «Una delle cose più importanti di The Ethical Slut è che usa un linguaggio colloquiale», dice Easton. «La maggior parte dei primi libri sul sesso erano scritti come se fossero destinati a un pubblico di medici o di persone completamente estranee a quello di cui parlavano». Il nuovo The Ethical Slut è in libreria vicino ad altre pubblicazioni importanti, come Action di Amy Rose Spiegel e Future Sex di Emily Witt, due libri pubblicati da case editrici importanti che combinano un tono colloquiale con l’esperienza personale, sfidando le convenzioni all’interno del mondo del sesso.
«È diventato un libro molto caro alle persone e abbiamo lavorato davvero duramente per inserire le esperienze di tutti», dice Easton. «Tutti gli argomenti che ci fanno paura o che ci fanno imbarazzare vengono toccati. E le persone possono trovare un valido supporto».