Una scena di Pleasure di Ninja Thyberg racchiude il senso del film.
Decisa a oltrepassare i suoi stessi limiti, la protagonista Bella Cherry, nome di fantasia per la nascente pornoattrice dell’esordiente Sofia Kappel, si reca sul set di un film per adulti con esplicite scene di violenza. Sequenze che sono state messe su carta, fatte firmare e documentate affinché si agisse nella salvaguardia di tutti, pratica già essenziale e consueta nel mondo dell’industria del porno, che diventa ancora più stringente e fondamentale quando si sceglie di girare sequenze di schiaffi, sputi, soffocamenti e tutto ciò che può derivare da un istinto feroce e animale.
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Il tutto, ovviamente, deve avvenire in un ambiente protetto. Quello in cui si sente inizialmente Bella, gradualmente modificato nel corso della scena a causa dell’aggressività di un copione a cui la giovane non era forse realmente preparata mentalmente come pensava, ma su cui ha tutto il diritto di ritirarsi. Anche se i suoi colleghi non sembrano d’accordo. Ma procediamo con ordine. Nella sequenza di quello che, a tutti gli effetti, è uno stupro di gruppo, la regista e sceneggiatrice pone la doppia anima del lavoro sul porno, quello che va rappresentando le perversioni più estreme della sessualità agendo però nel rispetto e nella salvaguardia delle persone che ne prendono parte.
Al timore di Bella di girare la scena, dopo i primi stop in cui il pianto simulato della ragazza diventa un vero e proprio sgorgare di lacrime, regista e colleghi le si mettono al fianco rassicurandola e dicendole che è tutto a posto. Che non c’è nulla di vero in quello che stanno facendo, che comprendono la sensazione che gesti e parole possono suscitare nella ricreazione di quel contesto, ma che Bella deve sentirsi al sicuro e riguardata, perché non le avrebbero mai fatto del male.
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Los Angeles, giorni nostri. Non la mitica collina di Hollywood e i suoi sogni di celluloide impressi nella Walk of Fame, ma il suo confinato sottobosco: l’industria del porno. Questa è l’altra metà della luna, dove una diciottenne svedese annoiata dalla vita in Scandinavia arriva per fare fortuna nel cinema hard. I primi incontri con un’agenzia di attrici, la complicità con le giovani colleghe condividendo un appartamento e il tempo libero, la competizione con più affermate e spocchiose pornostar e la determinazione a realizzare i suoi sogni di gloria accettando quasi ogni genere di perversione proposta dai copioni fanno di questa ragazza un personaggio narrativamente coinvolto nel più classico percorso dell’eroe. Non facile affermazione da digerire magari, ma questo è il primo segno distintivo del lavoro della Thyberg e anche il primo pregio. Se durante la visione ci si distanzia idealmente da quelle immagini così crude, si riconosceranno tanti meccanismi di relazione spesso utilizzati dal cinema per descrivere una scalata verso il successo. Perciò, riguardo alla più pura struttura narrativa vi si trovano insospettabili punti d’incontro con titoli incentrati su carriere votate allo spettacolo, per esempio Flashdance, Stayn’ Alive o addirittura La La Land.