La vita di Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato al Cairo l’8 febbraio con l’accusa di diffusione di materiale dannoso per lo Stato, è radicalmente cambiata in meno di un mese.
Da studente libero e impegnato nel master Gemma, oggi è un 28enne rinchiuso in una delle peggiori carceri d’Egitto.
La sua colpa, il suo peccato civile, è quello di frequentare un master sugli studi di genere, e ciò è sufficiente questo per bollarlo come omosessuale, in un paese dove la “legge sulla depravazione” del 1961 condanna e punisce le pratiche sessuali non convenzionali. Patrick è stato probabilmente torturato, forse con l’elettroshock. Come un terrorista qualunque.
A rivelarlo, con spiazzante lucidità, è Akhbar Elyom, testata della stampa di Stato egiziana, che riporta: “Un sito identificato come Gay News ha descritto Patrick come un ricercatore sui diritti degli omosessuali“, e quindi un degenerato sostenitore non gradito dei diritti LGBT+. È questa la versione dei media egiziani di regime, che stanno accusando quotidianamente il ragazzo di “portare perversione e caos proprio a causa del sostegno all’omosessualità“, in un preciso tentativo di infangare la sua reputazione e il suo onore.
Alla famiglia non sono state date spiegazioni di nessun tipo. Il legale di Patrick sta cercando di fare in modo che possa incontrare i genitori. In Italia continua la mobilitazione a suo favore, sono in programma diverse manifestazioni. E sia l’università di Bologna che l’università La Sapienza di Roma, sono attive per non far spegnere le luci sulla sua vicenda.