Don Francesco Romano, a lungo parroco di San Gabriele: “I testi sacri? Sono di tremila anni fa, ora la società è cambiata. Fontana rispetti tutti i cittadini: contrasteremo le sue idee”.
Dice che la Chiesa “ha sbagliato a sospendere don Giulio Mignani”, il parroco di La Spezia allontanato perché a favore delle unioni omosessuali. E per ribadirlo don Francesco Romano, a lungo parroco di San Gabriele, a Palermo, ha scritto con un altro sacerdote di frontiera, don Cosimo Scordato, una lettera aperta pubblicata oggi dal Giornale di Sicilia: secondo il sacerdote siciliano nel Paese c’è un clima “pieno d’odio, a tutti i livelli”, e dunque è il momento di dirsi pronti a benedire in chiesa le unioni dello stesso sesso. “Se due ragazzi o due ragazze mi dicono che si vogliono bene – sorride – non è mio compito giudicarli”.
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Secondo Don Francesco, non si tratta di rendere uguale il matrimonio religioso e l’unione civile, ma semplicemente di benedire gli omosessuali credenti che mostrano vicinanza alla Chiesa. L’importante è che vi sia amore e rispetto: qualsiasi altra variabile non è importante. “Il matrimonio non ha valenza senza amore. Ognuno di noi è diverso, ognuno ha le sue realtà peculiari”.
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L’opinione di Don Francesco parla di una Chiesa che lentamente inizia a reinterpretare i testi sacri da un punto di vista più critico e meno letterale. Del resto, si tratta di testi risalenti a millenni fa, figli del proprio contesto storico particolare. “Sono testi che risalgono a tremila anni fa. Era quella la mentalità: il mondo doveva pur riempirsi di essersi umani. Siamo in una società patriarcale che non tiene conto delle differenze fra gli uomini”.
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Gli ecclesiastici come Don Francesco sono sempre di più, e chiedono a gran voce di aggiornare il messaggio cristiano che si approccia a una società moderna, in continuo cambiamento, i cui unici principi immutabili devono rimanere l’amore e la libertà. “Gesù diceva ‘Prima l’uomo e poi la legge’”.