Dopo aver dichiarato, pochi mesi fa, che non avrebbe pubblicato servizi su nozze gay, un magazine australiano dedicato ai matrimoni ha dovuto chiudere i battenti: gli inserzionisti, allarmati per il fiume di polemiche ricevute dai lettori, hanno deciso di ritirare le loro sponsorizzazioni.
Di White Magazine aveva parlato la stampa internazionale: ad agosto, con una serie di messaggi telefonici, l’editore della rivista aveva ammesso ad un fotografo che non ci sarebbe stato spazio per le unioni fra persone dello stesso sesso.
E sono partite le contestazioni: inserzionisti, fotografi, videomaker e celebranti si sono poi rivolti ai social media per raccontare le loro interazioni con White Magazine. Molti hanno riferito di essere stati ignorati dopo aver inviato materiali sui matrimoni gay.
Sabato, con una nota di addio, pubblicata sul sito web del magazine, il direttore ha affermato di aver recentemente subìto «un’ondata di giudizi» e di aver perso un grande numero di inserzionisti.
«È stata lanciata una campagna contro la rivista, il nostro team e i nostri inserzionisti, e anche le coppie che hanno partecipato ai servizi pubblicati sul nostro magazine sono state oggetto di offese online, a prescindere dalle loro convinzioni individuali: siamo molto rattristati», ha scritto.
«Il risultato è stato che diversi inserzionisti hanno ritirato la loro sponsorizzazione per paura di essere giudicati, o per protesta: abbiamo dovuto riconoscere che adesso White Magazine non è più economicamente sostenibile. Speriamo che un giorno la nostra società possa imparare ad accettare le differenze fra le persone e i diversi punti di vista e ad amarsi a vicenda, nonostante questo». La nota termina con una citazione biblica.
In un video che accompagna la nota, il co-fondatore Luke Burrell ha anche aggiunto di comprendere il punto di vista di chi abbia ritenuto «offensiva» la posizione della rivista. «Ma perché non possiamo esprimere la diversità dei nostri pensieri?», ha concluso.
L’annuncio è stato commentato e dibattuto sui social media. «Come titolare di un’azienda dovresti essere in grado di mettere da parte le tue convinzioni religiose personali», ha scritto un utente di Facebook.