Andrea ha studiato all’università di Trento e in Danimarca è un’ingegnere che conosce tutto dei computer, ma tutto questo non è bastato a garantirle una casa.
Quando l’agente immobiliare che le aveva assicurato l’appartamento in affitto a Trento si è accorto che, nonostante il nome maschile in italiano, Andrea aveva sembianze femminili, ha cominciato ad accampare scuse. E alla fine è arrivato il no. La stanza non era più disponibile. Era il 2016. Due anni dopo, Andrea ha vinto. Il giudice ha deciso 10mila euro di risarcimento per discriminazione di sesso e genere e ha chiesto l’invio degli atti in procura per falsa testimonianza per due persone.
Andrea, nel frattempo, ha chiuso la start-up che aveva messo in piedi a Trento e ha trovato lavoro all’estero come sviluppatrice di software in uno dei più importanti colossi mondiali dell’informatica, ma non ha rinunciato a lottare. “Noi persone transgender siamo notoriamente discriminate sul lavoro e quando dobbiamo cercare un’abitazione, soprattutto in Paesi come l’Italia. Il pregiudizio è forte, ma è intollerabile che anche le società commerciali lo facciano proprio”, sottolinea. E aggiunge: “Spero che questa condanna sia un segnale che incoraggi altre persone in situazioni simili a far sentire la loro voce”, ringraziando Arcigay Trento, di cui è socia e attivista, e l’avvocato Schuster per il supporto e l’incoraggiamento dati sin dall’inizio.
La vicenda inizia ad agosto di due anni fa. Andrea Martinelli aveva pagato la caparra e firmato un preliminare per una stanza in una nuovissima residenza a Trento. A poche ore dalla consegna già concordata dei locali, il responsabile della società immobiliare si accorge che, sulla carta d’identità, Andrea ha sembianze femminili. Poco dopo la società le nega la stanza, affermando che per ottenerla sarebbe necessario essere iscritti all’università, requisito che Andrea, all’epoca titolare di una start-up, aveva sin dall’inizio chiarito di non soddisfare. Lei contesta il rifiuto di consegnarle la stanza e chiede siano rispettati comunque gli accordi. Ma il rifiuto è categorico e, anzi, si ritrova, racconta il suo avvocato, minacciata di un’azione legale se non desisterà dalle accuse. Andrea non cede, anzi: rilancia e si affida allo studio legale Schuster, che ha curato anche la causa civile.
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Ora la sentenza, che l’avvocato Schuster definisce “storica, la prima in assoluto sulla discriminazione verso le persone transgender e una delle rarissime in materia di beni e servizi per motivi di genere. Spero che dia speranza alle migliaia di persone discriminate, che non hanno mai trovato il coraggio di reagire”. E ricorda che sono tutelate “non solo le persone che hanno realizzato un’operazione chirurgica, ma tutte le persone transgender, a prescindere dall’intenzione di subire un intervento”. Inoltre, spiega, “è accertato che la società aveva fatto proprio un pregiudizio: quello per cui le persone transgender sono dedite alla prostituzione, donde il temuto uso promiscuo della stanza nello studentato”.
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