“Il numero destinato agli abbonati all’edizione internazionale – scrivono sul sito del National Geographic – ha in copertina la fotografia di Avery Jackson, una ragazza transgender di nove anni. L’edizione internazionale per le edicole e quella italiana hanno in copertina un ritratto di gruppo scattato in studio, con sette persone che rappresentano diverse identità di genere”.
Tutti ci portiamo addosso etichette applicate dagli altri. Quelle lusinghiere – “generoso”, “intelligente”, “divertente” – le indossiamo con orgoglio. Quelle negative possono essere fardelli che pesano per tutta la vita, accuse da cui cerchiamo disperatamente di scagionarci. L’etichetta più resistente, e quella che probabilmente influenza di più la nostra vita, è la prima che ci viene assegnata: “è un maschietto!” o “è una femminuccia!”. Anche se in un suo famoso aforisma usò la parola “anatomia”, in sostanza Sigmund Freud intendeva dire che il genere di appartenenza è il destino.
Oggi però alcune delle convinzioni più radicate sui generi stanno cambiando rapidamente e drasticamente. Ecco perché, il National Geographic, ha dedicato un intero numero all’esplorazione del concetto di genere, nella scienza, nei sistemi sociali, nelle civiltà umane nel corso della storia.
Come scrive Robin Marantz Henig nell’articolo Questioni di genere, è in corso una “evoluzione del concetto di donna o uomo e [dei] significati di termini di parole come transgender, cisgender, non conforme, genderqueer, agender o una qualsiasi delle 50 opzioni che il profilo di Facebook offre ai suoi utenti. Nel frattempo gli studiosi stanno scoprendo una serie di nuove e complesse realtà riguardo la conoscenza biologica del sesso. Molti di noi hanno imparato alle superiori che il sesso è determinato dai cromosomi sessuali e da nient’altro: XX per una femmina, XY per un maschio. Ma la questione non è così lineare”.
Ma guardiamo in faccia la realtà: in molti luoghi del mondo bambine e ragazze sono particolarmente a rischio. Rischiano di non poter andare a scuola e di essere sfigurate con l’acido se si azzardano a farlo. Rischiano di subire mutilazioni genitali, matrimonio infantile, aggressioni sessuali. È vero che, a prescindere dal genere, i giovani di tutto il mondo devono affrontare sfide che nell’era digitale si sono fatte più impegnative. Ma queste storie ci ricordano quanto possa essere pericolosa la vita per una donna, e quanto lavoro occorra ancora per cambiare questo stato di cose.
La scelta di mettere in copertina una ragazza transgender di 9 anni ha creato non poca polemica in Italia, ecco come ha commentato la redazione: “Sapevamo che occuparci di una materia così magmatica avrebbe attirato domande e obiezioni. Abbiamo ricevuto migliaia di mail, lettere e commenti sui social network, in toni che spaziano dall’entusiasmo all’orrore, dalla preoccupazione alla gratitudine”. Qui rispondiamo alle domande più frequenti:
Essere transgender è una malattia mentale?
No. Secondo i numerosi esperti che abbiamo consultato, essere transgender è una delle possibili identità di genere. Alcune persone trasgender possono soffrire di problemi psicologici o psichiatrici come depressione, ansia o altri disturbi. Uno studio recente ha dimostrato che “in realtà il rifiuto sociale e la violenza spesso subiti dalle persone transgender appaiono in realtà come le cause primarie della sofferenza psicologica, rispetto al solo fatto di essere transgender”.
Negli Stati Uniti, la disforia di genere è una diagnosi che compare nel DSM V, il manuale dell’American Psychiatric Association. In base a questa diagnosi, medici e psicologi possono indicare che una persona è provvista dei requisiti necessari per affrontare un trattamento medico che realizzi la transizione. La sua inclusione nel DSM è però osteggiata da una parte della comunità transgender.
Anche in Italia la diagnosi del disturbo di identità di genere è alla base della possibilità di effettuare la transizione medica a carico del Servizio sanitario nazionale, e di vedere riconosciuto dal tribunale il cambiamento di genere. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha già comunicato che con ogni probabilità rimuoverà l’identità transgender dall’elenco dei disturbi psichiatrici in occasione della revisione dell’International Classification of Diseases, prevista per il 2018.
Che cosa sono i farmaci bloccanti della pubertà e quali sono gli effetti a lungo termine del loro utilizzo?
Uno degli articoli del nostro speciale affronta questo punto specifico. Ecco un brano:
La biologia ha l’abitudine di manifestarsi, prima o poi. In alcuni casi però i processi biologici possono essere messi temporaneamente in pausa con farmaci che bloccano la pubertà in modo da offrire più tempo ai bambini che hanno dubbi sul genere. Se a 16 anni il ragazzo o la ragazza decide di non essere transgender, gli effetti della sospensione della pubertà possono essere reversibili: il soggetto smette di assumere i farmaci bloccanti e si sviluppa secondo il proprio sesso di nascita. Per chi invece a 16 anni opta per la transizione, il fatto di aver sospeso la pubertà potrebbe essere un vantaggio. Assumendo ormoni dell’altro sesso, affronterebbe la pubertà del genere voluto senza aver sviluppato i caratteri sessuali secondari che poi è più complicato correggere come il seno, i peli corporei o la voce bassa.
L’organizzazione medica Endocrine Society raccomanda i farmaci bloccanti per gli adolescenti a cui è stata diagnosticata la disforia di genere. Tuttavia gli effetti a lungo termine di questi trattamenti sullo sviluppo psicologico, sulla crescita del cervello e sulla densità minerale ossea sono ancora sconosciuti. Da qui l’accesa polemica sull’opportunità di somministrarli a giovani fisicamente sani.
Il numero di National Geographic, che ha in copertina il titolo Gender. La rivoluzione, è in edicola dal 3 gennaio 2017.