Non solo libri e film: anche ai dischi è capitato di finire nelle maglie della censura, spesso per le loro copertine.
Tra i fan di David Bowie, l’album Diamond Dogs del 1974 è un vero e proprio cult, esaltato da brani come Rebel Rebel. Ma più che i testi delle canzoni “ribelli”, a fare scandalo fu la cover realizzata dal pittore belga da Guy Peellaert, che ritraeva Bowie mezzo uomo e mezzo cane con i genitali ben in vista. Per cogliere l’immagine nella sua interezza bastava guardare il retro dell’album, occupata dalla metà canina di Bowie: ma non durò molto, i dettagli furono presto anneriti ad aerografo.
Nel 1966 per l’album Yesterday and Today i Beatles avevano dovuto cambiare cover per il mercato americano, dopo che alcuni discografici avevano giudicato troppo forte l’immagine originale: il quartetto in posa con pezzi di carne e bambole decapitate. Secondo alcuni si trattava di una forma di protesta per la guerra in Vietnam, per altri era solo una spruzzata dell’arcinoto humour nero dei fab four.
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1971: sulla cover originale dell’album Love it to death il pollice di Alice Cooper, per la posizione, a qualcuno ricordava un pene. La Warner Bros, che produceva il disco, si affrettò a ritoccare l’immagine per farlo sparire
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Tra i molti scandali nei quali sono inciampati i Gun’s and Roses, il più eclatante è forse dovuto alla copertina del disco di hit del 1987, Appetite for destruction: un’illustrazione di Robert Williams dove si vedono un robot e una donna accasciata in strada. Alcuni vi riconobbero una sorta di apologia della violenza sessuale, visto che la donna aveva tutta l’aria di essere stata aggredita. Così la cover fu sostituita da una croce fatta da teschi in stile “metal”…
Nel 1968 fece scalpore il caso dell’album Unfinished Music 1: Two Virgins, dove John Lennon e Yoko Ono appaiono nudi fronte-retro su entrambi i lati della copertina. Un’immagine che nel 1968 avrebbe portato al sequestro del disco se Lennon e sua moglie non avessero accettato una sovracopertina marrone, opaca, che lasciava visibili solo volti e titolo.
Lo Zio Sam è una delle più vivide icone americane, dissacrata da Ice Cube sulla cover del disco Death Certificate, dov’è proposta su di un tavolo da obitorio in una metafora della morte del sogno americano, con il cororollario di testi rap definiti violenti e anti-americani. Era troppo per l’America post-reaganiana del 1991, che arrivò a varie forme di boicottaggio in diversi Stati americani.
Oggi destare scandalo con la copertina di un disco è difficile, ma c’è riuscito nel 2010 Kanye West ritratto da George Condo nudo, sotto a una donna nuda con ali e coda a pois, e senza braccia, per la cover di My beautiful dark twisted fantasy. Quando alcuni rivenditori hanno dichiarato che non avrebbero accettato la copertina, West ha sostituito l’immagine con quella di una ballerina (è “la legge del mercato”…).
Nel 1993, quando i Nirvana erano all’apice del successo, incapparono in un curioso caso di censura: la canzone Rape Me (violentami) fu ritenuta troppo provocatoria dai magazzini Walmart e K-Mart, che si rifiutarono di vendere l’album che la conteneva, In Utero. A non convincere era soprattutto il titolo, tant’è che quando la band lo cambiò sul retro della cover in Waif Me (abbandonami), senza cambiare una virgola del testo, l’album tornò sugli scaffali. Ma non era la prima volta per Kurt Kobain e i suoi: nel ’91 era stata censurata la cover dell’album Nevermind, che ritraeva un bambino di 4 mesi mentre nuotava in piscina: le grandi catene di supermercati misero un adesivo giallo sui genitali del neonato.
Vittime della censura in tempi recenti sono soprattutto le popstar al femminile: da Shakira a Kyle Minogue, da Britney Spears a Madonna capita sempre più spesso che nel mondo si trovino due versioni delle cover dei loro dischi, una per il mercato occidentale e l’altra per i mercati medio-orientali dove, talvolta, nei paesi a maggioranza islamica, le nudità non sono ben viste: celebre il caso di Kyle Minogue, interamente rivestita sulla cover del disco Fever (2001), dove appariva in costume.
A volte la censura trova anche escamotage bizzarri, come nel caso di ArtPop di Lady Gaga: alcuni paesi, tra cui il Libano, hanno aumentato la dimensione della palla davanti a lei al fine di coprire i suoi seni. E hanno anche colorato le gambe di nero in modo da dare l’impressione che fossero coperte da castigatissime calze.