A quasi trent’anni dallo slogan “Aids se lo conosci lo eviti”, l’epidemia non si arresta. Con 439 nuovi casi l’anno, Milano si conferma la capitale dei contagi e la Lombardia, con i suoi 26 mila sieropositivi, è al primo posto tra le regioni italiane. Qui, dove l’incidenza del virus è più alta della media italiana, nel 2015 sono state segnalate il 24% di tutte le nuove infezioni da Hiv del paese. Ma i dati del COA Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità indicano un altro primato lombardo, quello relativo alle nuove infezioni in uno dei gruppi più vulnerabili, gli stranieri, con Varese e Milano rispettivamente al primo e terzo posto in Italia.
Oggi la principale modalità di trasmissione non è più lo cambio di siringhe infette ma quella per via sessuale. I più a rischio sono “maschi che fanno sesso con maschi” (gli MSM) dove «i casi sono in forte crescita, soprattutto tra giovani e giovanissimi, anche al di sotto dei 20 anni» spiega Antonella D’Arminio Monforte, direttrice della Clinica di Malattie Infettive e Tropicali del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Azienda Ospedaliera-Polo Universitario San Paolo di Milano. Le cause? Una pericolosa combinazione di «ignoranza, trascuratezza, scarsa percezione del rischio e, a volte, un senso di sfida». Milano è diventata una capitale del “chemsex” e dei lunghi fine settimana a base di droghe e rapporti promiscui non protetti. «Le nuove sostanze assunte contemporaneamente e ripetutamente, hanno effetti potenti e alzano la soglia del dolore per rapporti sessuali violenti che favoriscono ancor più il contagio». I frequentatori dei party sono persone difficilmente intercettabili. Un dramma per chi cerca di fermare l’epidemia perseguendo l’obiettivo “90-90-90”: diagnosticare il 90% delle infezioni, trattarne il 90% e raggiungere l’abbattimento della carica virale nel 90% delle persone in cura.
La SIMIT Società italiana di malattie infettive e tropicali sta prendendo in considerazione una serie di misure che potrebbero anche prevedere la sperimentazione della Prep (in accordo e sotto l’egida del Ministero della Salute). «Bisogna ragionare a livello di popolazione e non del singolo: la Prep è un mezzo efficace per arginare i contagi» puntualizza la professoressa. «In Francia, dove è stata concessa gratuitamente ai più a rischio, a fronte di un aumento di infezioni sessuali a causa dell’abbandono del preservativo, l’epidemia di hiv ha rallentato. Così nel Regno Unito».
Inoltre, la distribuzione della Prep consentirebbe di entrare in contatto con chi oggi non si rivolge alle strutture sanitarie. Un effetto non da poco, perché solo diagnosi e ricorso tempestivo agli antiretrovirali (test and treat) consentono di bloccare la progressione della malattia. In Europa, iniziative di successo sono i “checkpoint”, centri gestiti dalle associazioni che forniscono in ambiente non sanitario servizi preziosi per la salute sessuale, come il counseling psicologico e il testing per le epatiti, l’hiv e le malattie sessualmente trasmissibili.
La sezione lombarda della SIMIT ha già chiamato a raccolta le associazioni, che in prima persona e unitariamente dovrebbero gestire questi centri. In ballo c’è la creazione di un “checkpoint” milanese, secondo in Italia dopo quello di Bologna, reso ancora più urgente anche dall’epidemia di epatite A in corso tra i maschi omosessuali.
Da: LaStampa.it