Michele Bravi senza filtri ha voluto raccontare sui social la propria esperienza, il proprio nascondersi e la successiva consapevolezza che si è liberi e si vive soltanto quando si smette di nascondersi.
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“Ho conosciuto l’amore nascondendo la testa tra le mani.Il momento in cui ho realizzato chi ero è stato anche il momento in cui ho iniziato a nascondermi. Il primo bacio, la prima volta a letto nudi sotto le coperte. Tanti nascondigli diversi. Mi ricordo di una voce. Mi ricordo di quando per la prima volta, un attimo prima che la mia bocca incontrasse la bocca di un altro ragazzo, quella voce ha iniziato a bisbigliare nella mia testa ‘è una cosa sbagliata, è una cosa sbagliata’.
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E c’era troppa paura in quel bacio per ricordarlo con dolcezza. Troppo rumore per sentire il suono delle labbra che si accarezzavano. Quella voce è stata lì con me per tanto tempo. Anche quando cantavo mi costringeva a cambiare la desinenza degli aggettivi (‘Bella’ invece di ‘bello’, ‘lontana’ invece di ‘lontano’, ‘vicina’ invece di vicino’). Anche quando raccontavo di me, mi obbligava a riscrivere i ricordi modellandoli a seconda del contesto e della necessità“
Michele Bravi continua andando a fondo su quello che per molti, ancora oggi, è un dubbio… un artista, un personaggio noto, deve o no parlare della propria natura affettiva, è utile questo agli altri?
“Poi, ad un certo punto, quasi per ribellarmi a questo opprimente bisbiglio, ho iniziato a ritenere che la mia sessualità fosse un fatto del tutto irrilevante per il mondo. All’inizio del mio percorso professionale ad esempio. Il motto di protesta contro quella voce interiore era ‘Non è necessario dire, ammettere, dichiarare pubblicamente le mie scelte. Per richiedere parità, bisogna comportarsi da pari. E nessuno sente il bisogno di fare un carnevale pubblico con protagonista le proprie tensioni sessuali’.
Ricordo di aver pensato ‘Non parlo delle mie scelte non perché ho paura o voglio nascondermi. Semplicemente non ne parlo perché non serve’. Ho pensato che il silenzio fosse una dichiarazione di parità superiore a qualsiasi appariscente manifestazione. Mi sbagliavo. Ho pensato che il mio percorso individuale fosse solo una questione personale. Mi sbagliavo. L’amore non è mai questione personale. Tutti gli anni di nascondigli sono stati anni che hanno contribuito inavvertitamente a costruire quella macchina di paura che nasconde il sapore del primo bacio.
Ho perso troppe occasioni per rompere quel meccanismo e iniziare a parlare la lingua della libertà e dell’espressione individuale. Chi ama ha il dovere di raccontare al mondo la presenza dell’amore. Chi conosce il sapore dei baci deve cantarlo, dipingerlo, metterlo in scena affinché tutti ne sentano la reale fragranza. Quando ho smesso di sentirmi ‘individuo’ e ho iniziato a sentirmi ‘comunità’, ho capito che l’amore è un atto pubblico. Che cambiare la desinenza degli aggettivi nelle canzoni o riscrivere i ricordi è un atto di paura.
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E come quando dopo un temporale le finestre di un palazzo iniziano ad aprirsi piano piano per controllare le sfumature del cielo, nello stesso modo, quando ho iniziato a raccontare totalmente la mia personalità, tanti volti si sono affacciati sulla mia vita con gentilezza. Una comunità di individui splendidi e unici che mi ha accolto e protetto. E i baci hanno iniziato ad avere il sapore dei baci.“
“L’OMOFOBIA NON È UN INSULTO ALLA SESSUALITA’ MA È UNA BESTEMMIA CONTRO LA PAROLA AMARE. Chi è pronto, racconti l’amore senza vergogna. Chi ha bisogno di tempo, si senta protetto. Il cambiamento del mondo avviene sempre attraverso gesti sottili. Parlare d’amore è uno di questi gesti. Perché l’amore non parla mai la lingua della paura.“