Da: Repubblica.it
Il coniuge rimane tale anche se appartiene a uno Stato che non riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Con una sentenza storica, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha di fatto riconosciuto i matrimoni tra persone dello stesso sesso “ai sensi delle regole sulla libera circolazione delle persone”. Il ricorso era stato presentato alcuni mesi fa da un cittadino romeno e dal suo consorte americano, Relu Adrian Coman e Robert Clabourn Hamilton.
I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che la nozione di “coniuge”, ai sensi delle disposizioni del diritto dell’Unione sulla libertà di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, comprende i coniugi dello stesso sesso. Quindi gli Stati membri sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio omosessuale, ma non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino di un paese non Ue, un diritto di soggiorno sul loro territorio.
Il caso era stato sollevato davanti ai giudici della Corte di giustizia dell’Ue dopo che la Romania aveva rifiutato a un cittadino americano sposato con un cittadino romeno il diritto di soggiornare nel paese, in quanto la Romania non riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Le autorità romene avevano respinto la richiesta di soggiorno oltre i tre mesi del signor Robert Clabourn Hamilton, cittadino americano sposato con il cittadino romeno Relu Adrian Coman, perchè per la legislazione nazionale non poteva essere qualificato come “coniuge” di un cittadino Ue. Ma Coman e Hamilton hanno proposto dinanzi ai giudici rumeni un ricorso teso a sottolineare l’esistenza di una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, per quanto riguarda l’esercizio del diritto di libera circolazione nell’Unione. La nozione di ‘coniuge’, nelle leggi Ue sulla libertà di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, comprende infatti anche i coniugi dello stesso sesso. Anche se gli Stati dell’Ue sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio omosessuale, quello che non possono fare è ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino extracomunitario, un diritto di soggiorno sul loro territorio.
La corte costituzionale romena ha dunque chiesto alla Corte di giustizia dell’Ue se il signor Hamilton rientri nella nozione di “coniuge” e debba ottenere di conseguenza la concessione di un diritto di soggiorno permanente in Romania. Con la loro sentenza di oggi, i giudici di Lussemburgo hanno constatato che, “nell’ambito della direttiva relativa all’esercizio della libertà di circolazione, la nozione di ‘coniuge’ che designa una persona unita ad un’altra da vincolo matrimoniale è neutra dal punto di vista del genere e può comprendere quindi il coniuge dello stesso sesso”.Secondo la Corte, lo stato civile delle persone a cui sono riconducibili le norme relative al matrimonio è una materia che rientra nella competenza degli Stati membri e che il diritto dell’Ue non pregiudica tale competenza. Spetta dunque agli Stati membri decidere se prevedere o meno il matrimonio omosessuale.
Tuttavia i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che il rifiuto da parte di uno Stato membro di riconoscere ai fini del diritto di soggiorno derivato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, legalmente contratto in un altro Stato membro, è atto ad ostacolare l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Ue. La libertà di circolazione, infatti, varierebbe da uno Stato membro all’altro in funzione delle disposizioni di diritto nazionale che disciplinano il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Spiega Marco Gattuso, giudice del tribunale di Bologna e fondatore del sito “Articolo 29” , specializzato in temi giuridici su famiglia, orientamento sessuale e identità di genere: “Si tratta di una sentenza che dimostra quanto ormai la strada del matrimonia egualitario per persone dello stesso sesso sia tracciata e non si torni indietro. Nella fattispecie, nononostante l’Italia sia l’unico tra i paesi fondatori della Ue a non riconoscere il matrimonio omosessuale, il diritto riconosciuto oggi dalla Corte Europea, da noi è già una realtà fin dal 2012. Il tribunale di Reggio Emilia aveva infatti riconosciuto il permesso di soggiorno a un giovane uruguayano sposato con un italiano in Spagna, propprio appellandosi alla libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari. Sentenza a cui era seguita poi una circolare del ministero dell’Interno”.