Per la prima volta in Italia, i giudici hanno riconosciuto la paternità a due uomini omosessuali che hanno avuto due figli nati negli Stati Uniti grazie alla pratica dell’utero in affitto. L’ordinanza emessa in data 23 febbraio 2017 dalla Corte d’Appello di Trento è destinata a fare la storia. La sentenza riconosce infatti “l’efficacia giuridica al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico”.
Un “principio importantissimo”, secondo il portale di studi giuridici Articolo 29 che parla di “assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa”.
Secondo la Corte infatti “l’insussistenza di un legame genetico tra i minori e il padre non è di ostacolo al riconoscimento di efficacia giuridica al provvedimento straniero: si deve infatti escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato; all’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato; la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite“.