Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
«Mi sono fatto pure la doccia per quest’intervista, ho messo il telefono in carica. Ma io non ho tutte ’ste cose da dire», dice l’enigma Massimo Ceccherini. Uno spaccone, un uomo timido, insicuro e sincero fino alla crudeltà, un grullo toscano, un ciclone, come il film che lo rese celebre. Oppure, come dice il suo amico Leonardo Pieraccioni, «un vero artista, uno che non legge nemmeno i copioni».
Cosa pensa la gente di lei?
«Mi accorgo per strada, anche se non esco quasi mai, che la gente mi vuol bene. È chiaro che sono in bilico. Ognuno pensa come gli pare. Ho debuttato a 25 anni, ho girato una cinquantina di film. Mi sono sempre mangiato tutti i soldi guadagnati. Ebbi un momento difficile all’ Isola dei famosi, volevo vivere un’avventura sperduto nell’isolotto a pescare, la mia passione, anche se non mi ci vedevo lì. Avevo buone possibilità di vincere ma la vittoria non fa parte di me. Mi scappò la bestemmia che rovinò tutto e mi cacciarono. È una battaglia e un controsenso la mia vita. Mi capita di vedere uno che mi sta antipatico e vado ad amarlo, mentre se uno mi sta simpatico per troppo affetto rovino tutto. Batistuta, il calciatore della Fiorentina, lo amavo talmente che quando lo incontravo nei locali per troppo affetto diventavo fastidioso, lo vedevo che gli davo noia, lo abbracciavo dopo tanti bicchierini».
A Roma era un pesce fuor d’acqua?
«Mi schifava il giro di quelli che in tv sembrano tanti preti. Ma Roma l’ho amata subito. Era il paese dei balocchi di Pinocchio. Infatti sono diventato un asino. Quelli del cinema facevano feste nelle case e dopo Il ciclone ci arrivavo per qualche motivo. Mi sentivo schifato. Io nasco imbianchino col mi’ babbo, sai quando uno non è adatto, ecco. Io ero attratto dai locali notturni, il Jackye O’, quella roba lì. Ma questa non è un’intervista, è una seduta psichiatrica. Ci andai per davvero dallo psichiatra, gli parlavo dell’alcol, delle prostitute, dei locali. Alla fine mi chiese di uscire con me la sera».
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Come passa le giornate?
«Guardo molta tv nella mia casa sopra le colline di Pistoia. Ad Amici fanno cantare tre giovani disgraziati e non inventano nulla, usano belle canzoni, i giudici sulle poltroncine guadagnano un sacco di soldi, come gli autori. Gli unici che non guadagnano nulla sono i ragazzini da sbranare. Anche lì vedo tanti ghigni e occhi cattivi. […] Quando morirò dovrò litigare con Pieraccioni, quella scena del Ciclone con la bara aperta, dove voglio morire se non mi porto a letto nemmeno una ballerina, mi ha marchiato a vita. Per colpa sua mi farò cremare». […]
Che bambino era?
«Ero marchiato già da piccolo. Una volta in gita scolastica mi tirai giù i pantaloni. Non sono arrivato alla terza media, Leo invece sì, ci sono foto di lui bambino che sembra Bambi. Io penso di essere uno molto buono, ma attratto dai vizi. Non è che non studiassi, ne combinavo di tutti i colori, arrivavo a un punto che mandavo tutto a puttane. Ora sai cosa sogno? Di andare in tv a Quarto Grado, di fare la pipì di nascosto sui divani dello studio, e poi col Dna gli esperti criminologi devono scoprire chi è stato».
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