Decine di omosessuali in Marocco sono stati cacciati dalle loro famiglie, e in alcuni casi spinti al suicidio.
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La condizione emergenziale legata alla pandemia infatti ha fatto emergere tutte le disuguaglianze sociali, e in questo caso a essere colpita è stata la comunità Lgbt marocchina.
Tutto è cominciato dai social: il 13 aprile scorso, la transgender e influencer marocchina con base a Istanbul, Naoufal Moussa alias Sofia Talouni, era stata insultata per il suo orientamento sessuale. In preda alla rabbia, ha dunque deciso di pubblicare un video nel quale incoraggiava i suoi numerosi follower a scaricare le app per meeting basate sulla posizione, come Grindr e Planet Romeo, di solito utilizzate da uomini gay. Il suo obiettivo, ha poi dichiarato nei video successivi, era quello di rivelare l’ipocrisia della società marocchina, mostrando quanti uomini gay vivevano nelle loro vicinanze, o addirittura nelle loro case.
La questione, che ha colpito il Marocco, investe tuttavia l’intero mondo islamico, dove l’omosessualità “si sa ma non si dice”, dove gli omosessuali devono avere la fortuna di incontrare persone tolleranti – che pure ci sono, come ovunque – ma possono anche non averla, e nessuna legge li garantisce.
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Per la società marocchina, tuttavia, questa potrebbe essere un’occasione per cominciare a discutere del problema: non farlo significherebbe perdere l’opportunità di valorizzare la parte moderna del Paese, per restare ancorati a una gabbia di valori e idee che ricordano più il Medioevo che la nostra epoca.