“La teoria gender non esiste, esiste l’educazione al rispetto e alla non discriminazione”, Mariano Gallo, in arte Priscilla, ha rilasciato una bellissima intervista ad
Il punto di vista di un artista poliedrico come l’attore e drag queen Mariano Gallo appare pertanto necessario, in un momento in cui il dibattito sull’introduzione delle “teorie gender” a scuola è, come spesso accade, acceso e controverso, ridotto più a facile terreno di scontro fra le forze politiche che a fenomeno sociale ed umano, da conoscere e comprendere per ciò che realmente rappresenta, ovvero la volontà di garantire il benessere a tutti i cittadini, nessuno escluso. Di certo non sorprende che Mariano Gallo, attivista da anni della comunità LGBTQIA+, non tema affatto l’introduzione della “teoria gender” a scuola ma, anzi, la ritenga necessaria: tuttavia alcune sue precisazioni sono utili per capire di cosa parliamo, senza l’ombra del pregiudizio.
Mariano Gallo cos’è la teoria gender, per quale motivo è importante introdurla a scuola?
La “teoria gender” non esiste, è un’invenzione della destra per continuare a discriminare e seminare odio, con l’obiettivo di etichettare come “sbagliato” e “anormale” tutto quello che non rientra nei canoni e negli stereotipi di una società basata sul rassicurante binarismo di genere. Secondo questa teoria o ideologia gender, la comunità LGBTQIA+ farebbe proselitismo, cercando di indottrinare bambini e bambine con l’obiettivo di alterare la loro identità di genere e il loro orientamento sessuale. Questo rivela una profonda ignoranza da parte di chi crede che si possa diventare omosessuali, che si possa decidere il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Esiste viceversa l’”educazione al gender” e non se ne parla affatto, anzi, azioni politiche, come la mozione della Lega per “vietare la teoria gender a scuola”, sono preoccupanti, perché la violenza di genere e l’omolesbobitransfobia continuano, intanto, a fare vittime.
Si riferisce al giovane infermiere di Palermo che si è suicidato qualche giorno fa?
Lui è soltanto il caso più recente, sempre a Palermo, a novembre 2023, si è impiccato un tredicenne e qualche giorno fa, a Cremona, c’è stato un attacco omofobo da parte di minorenni, nei confronti di un quarantenne finito in ospedale. La lista, purtroppo, è lunga e non si esaurisce qui.
E dunque, che significa educare al gender a scuola?
Significa essenzialmente educare alla libera espressione della personalità di ciascuno nel nome del rispetto e dell’accettazione. Significa non stigmatizzare o etichettare comportamenti apparentemente anomali come anormali, rassicurando ogni bambino e bambina a vivere in base ai propri desideri ed alle proprie inclinazioni, senza farli sentire sbagliati. È importante agire anche in una fascia d’età apparentemente neutra come quella 0-6 anni, insegnando ad avere consapevolezza del proprio corpo e della propria identità, lasciando che il modo di percepire se stessi avvenga naturalmente, senza forzature esterne.
Chi è titolato a parlare di identità di genere a scuola?
A scuola si dovrebbe parlare di educazione all’affettività, in cui rientra l’educazione al genere: immagino che possano farlo docenti titolati o anche psicologi, sessuologi, medici; nella comunità LGBTQIA+ ci sono anche diverse associazioni, che rientrano talvolta in progetti mirati a portare nelle scuole l’esperienza diretta di ragazzi e ragazze vittime di bullismo omofobico, ma noi non facciamo educazione sessuale, come viene erroneamente divulgato. La priorità deve essere scardinare la cultura della violenza di genere e della mascolinità tossica, che si insinua nell’educazione dei bambini e delle bambine attraverso tutti gli stereotipi di stampo patriarcale, con cui ancora si crescono. Non si può parlare di parità dei sessi e di uguaglianza dei diritti, se di base c’è ancora difficoltà ad accettarsi, ma anche a relazionarsi con gli altri o a mettersi nei panni degli altri. L’empatia è fondamentale per imparare a rispettare il prossimo.
Cos’è DragTivism, il progetto osteggiato da FdI, e a chi si rivolge?
È un progetto Erasmus rivolto ai giovani dai 14 ai 17 anni che a Girona, in Spagna, hanno vissuto nei giorni scorsi, dall’1 al 10 settembre, un momento di approfondimento dei temi legati al mondo Drag, all’inclusione e all’attivismo LGBTQIA+. Ci tengo a precisare che DragTivism sta per diventare anche un tour in giro per l’Italia, rivolto non alle scuole ma a tutta la cittadinanza, essendo le Drag da sempre impegnate a contrastare discriminazione, violenza e mascolinità tossica, naturalmente con ironia.
È per questo che Priscilla si definisce Transfemminista?
Esatto, transfemminista, attivista queer per i diritti di tutti e tutte, e antifascista.