In un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, nella quale Michela Murgia rende pubblica la gravità della sua malattia, non c’è traccia di lamenti o rimpianti.
La scrittrice boicotta, proponendo invece – da malata di cancro al quarto stadio – l’idea di cancro come «una malattia molto gentile», che «può crescere per anni senza farsene accorgere. Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Un complice della mia complessità».
Poi, Murgia rinnega l’idea della morte attesa come di una ingiustizia: «Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite». E propone la sua idea di famiglia, «un nucleo familiare atipico, in cui le relazioni contano più dei ruoli», una queer family di dieci persone, con l’annuncio di un imminente matrimonio. «Con un uomo – ma avrebbe potuto essere una donna». Ho comprato casa – racconta – «con dieci posti letto dove stare tutti assieme; mi è dispiaciuto solo che mi abbiano negato il mutuo in quanto malata».
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Nel lungo racconto a due pagine, in conversazione con Aldo Cazzullo, Michela Murgia fa discorsi in generale politici, e tocca anche nello specifico politica e politici. «Prima dell’arrivo di Elly Schlein mi sono trovata, con pochi altri scrittori come Roberto Saviano, a supplire all’assenza della sinistra, a difendere i diritti e le libertà nel dibattito pubblico». Supplire insomma alle mancanze del Pd, o persino essere bersagliata come fosse del Pd, «io che il Pd non l’ho mai votato in vita mia», quando invece avrebbe voluto, la scrittrice, poter svolgere il suo ruolo terzo di intellettuale. Diventare bersaglio d’odio suo malgrado.
Ora che si è aperta la pagina di Schlein segretaria, e con Meloni al governo, Murgia dice: «Spero solo di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio». Perché?, le chiede Cazzullo. «Perché il suo è un governo fascista».
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A distanza di una manciata di ore dalla pubblicazione, è arrivato il messaggio trasmesso via Facebook dalla presidente del Consiglio: «Spero davvero che lei riesca a vedere il giorno in cui non sarò più Presidente del Consiglio, come auspica, perché io punto a rimanere a fare il mio lavoro ancora per molto tempo». E poi, un «forza Michela», a chiudere il post dove Meloni mostra toni empatici: «Non l’ho mai conosciuta e non ho mai condiviso le sue idee, ma voglio mandarle un abbraccio e dirle che tifiamo per lei».