A partire dal XIII secolo arrivarono dall’Oriente, via mare, spezie d’ogni genere: odori e sapori sconosciuti, che davano alle pietanze qualcosa di più. E’ per questo che costavano tanto. Per aromatizzare i cibi (specialmente le carni) la cucina mediterranea già impiegava un pianta spontanea, tipica dell’Italia del sud (Sicilia, Calabria, Puglie, Sardegna): il finocchio selvatico. Il finocchio era insomma una specie di spezia casereccia, che costava pochissimo. In Toscana il finocchio aromatizza tuttora il salame, dando vita alla famosa “finocchiona”.
Ma che c’entra il finocchio col “finocchio”? Per capirlo basta guardare la cosa da un punto di vista maschilista. Operazione piuttosto facile per qualsiasi italiano: maschio o femmina che sia. La cultura maschilista è infatti ancora quella prevalente: o forse sarebbe meglio dire, l’unica esistente nel nostro Paese. E, per la verità, non solo qui. Il finocchio, inteso come pianta, e come spezia, vale pochissimo. Perciò il finocchio è perfetto per indicare un uomo che si pensa non valga niente: l’omosessuale. La negazione della “mascolinità”. Sarebbe questo, secondo i linguisti e gli studiosi di storia del costume, la spiegazione più accreditata per cui il termine finocchio è stato accostato all’omosessuale.