Una ventina di ragazzi, tra i 16 e i 18 anni, ha deciso bene di terrorizzare e rapinare alcuni coetanei a Torino, in zona Piazza Castello.
Il branco è comparso sugli scaloni e subito sono partiti gli insulti, gli sbeffeggiamenti. Hanno individuato la loro vittima, un adolescente che se ne stava un po’ in disparte. L’hanno deriso per il suo abbigliamento e l’hanno colpito con calci e pugni.
Qualcuno scappa, qualcun altro cerca di intervenire. Uno del branco afferra una bottiglia da terra e la lancia in aria. Per una manciata di centimetri non colpisce una ragazza in pieno volto. Un raid andato in scena ieri sera. E anche sabato scorso, quello prima e così via. La scorsa settimana due quattordicenni sono state aggredite. Stavano ballando sugli scaloni del monumento, quando è comparso il branco.
«Siete strane! Lesbiche del cazzo» hanno urlato. E poi hanno lanciato una lattina piena. «Il primo istinto – racconta la madre di una delle due ragazze – è stato quello di dire a mia figlia di non andare più lì, di non frequentare più quel posto, di evitare il problema. Poi però ho cambiato idea: perché devo insegnarle ad avere paura?».
La preoccupazione c’è, non la nega: «Non c’è una causa scatenante, non c’è un pretesto. Dietro a quel monumento si ritrovano quelli che i ragazzi chiamano “alternativi”. Sicuramente la borsa arcobaleno e altri accessori ormai sono visti come un segno distintivo e la parola “lesbica” è considerata un insulto. Un segno distintivo, appunto. Che distingue un gruppo da un altro. Ci troviamo davanti a scene di una violenza inaudita e gratuita».