Tuttosport ha intervistato Leonardo Di Lorenzo, centrocampista del Club Atletico Temperley, che da sempre lotta contro l’omofobia nel mondo del calcio.
Di Lorenzo ha parlato del suo impegno sociale: “A un certo punto mi sono guardato allo specchio. Sono un calciatore, sì. Ma prima di tutto sono un uomo: come do battaglia a centrocampo, così faccio nella vita per le cose che contano realmente, mas allà de lo futbolistico, bel oltre il pallone che rotola. Mi ricordo il momento in cui il mio cervello ha fatto clic. Iniziai a leggere, a farmi domande, a guardare ciò che succedeva al lato della mia vita. Pensate a questo paradosso: vai a cena a casa di un amico, fumi uno spinello, risulti positivo e non trovi mai più una squadra. Invece se picchi la tua compagna, le tiri giù tre denti con un pugno in bocca, ti mandano a casa, ti tengono lontano da microfoni, taccuini e polemiche per un mese. Quindi torni in campo e tutti ti applaudono come nulla fosse. Una vergogna, no? Il calcio, qui in Argentina, ma non solo, è un ambiente molto machista e conservatore. Parlo di tutti: dirigenti, giornalisti, allenatori, giocatori. Quelli che sono, molte volte, conniventi con situazioni di violenza di genere sono i dirigenti coadiuvati da alcuni media. Per questo è giusto appoggiare la lotta delle giocatrici, che chiedono maggior rispetto per il loro movimento. Loro fanno in modo che i maschi si facciano domande e, credetemi, è già tanto”.
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E sul mondo gay nel calcio ha dichiarato: “L’essere gay è il tabù più grande del calcio, dal campetto di periferia a quelli della Champions. ‘Finocchio’, ‘Ti rompo il culo’, ‘Checca’. Come diavolo potrebbe sopportare tutto questo un calciatore gay? Il calcio è pieno di omosessuali, datemi retta. Ma come fa un gay a fare outing in un mondo del genere, come fa a uscire con il suo compagno anche solo a bere in caffè? Reprimere il proprio modo di essere è terribile e se succede nel calcio è meglio che ci mettiamo tutti insieme a recitare il mea culpa”.