Arriva la biografia di Jessica Rizzo: “Nata bene”. Che poi è l’etimologia greca del suo vero nome. Si chiama Eugenia. Pornoattrice, imprenditrice, manager di club privè.
La donna è stata intervistata da Libero Quotidiano dove ha rilasciato piccanti dettagli riguardanti la sua vista e storia nel porno.
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Prima volta tardi: a 18 anni. Con Marco, che poi è diventato suo marito.
«Ho attraversato tutte le fasi dell’evoluzione sessuale. Dalla donna sottomessa e servizievole alla rivoluzione femminile. C’era questa mentalità: se lei si concede è una puttana, se lui ha l’harem è un macho. Mi sono ribellata».
Nel libro scrive: «La prima volta che presi un pene in mano mi sembrava un manico di scopa. Poco eccitante, non sapevo cosa farci».
«Non ne avevo mai visto uno. Il primo è stato quello del mio futuro e attuale marito. Abbiamo avuto il primo rapporto dopo sei mesi di fidanzamento. Gliel’ho fatta sudare».
Aveva questa fantasia: farlo davanti a una telecamera.
«Sì. Abbiamo cominciato da soli con la telecamerina. Ma era poco eccitante. Mi piaceva l’idea di un cameraman intorno che cogliesse i dettagli. All’epoca c’era Fermo Posta, dove lasciavi gli annunci per incontrare altre coppie scambiste. Poi abbiamo conosciuto i primi registi amatoriali, presto siamo entrati nel giro dei trasgressivi. È stato tutto molto naturale. All’inizio andavo in video con la parrucca».
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Però l’hanno riconosciuta. Scandalo a Fabriano.
«Sono arrivati con i pullman. Giornalisti ovunque. Mia mamma non poteva uscire più di casa. Mia sorella veniva massacrata a lavoro. Per anni non mi hanno parlato. Poi hanno capito che era la nostra vita. Eravamo sposati. Quindi, nella loro ottica, sistemati. Non ci siamo più nascosti».
Dal porno casalingo ai set professionali. Com’ è andata?
«Eravamo un fatto nuovo. C’erano gli attori porno, ma erano singoli. Noi eravamo la coppia trasgressiva, quella della porta accanto, che faceva performance hard davanti alla telecamera. Io non volevo diventare famosa, era un gioco che mi eccitava, non un lavoro».
Lo è diventato.
«Ci trovammo catapultati su un set con Moana Pozzi. Mio marito doveva girare una scena con lei sul cofano di una macchina. Moana gli disse: “Vedi di fartelo venire duro che non ho tempo da perdere”. Capirai: avrebbe smontato qualsiasi uomo! Lo aiutai io. Mi misi in un cespuglio e iniziai a masturbarmi. Marco guardava me e scopava lei. Alla fine gli fece i complimenti».
In totale ha fatto 250 film. Con quanti attori ha fatto sesso, li hai mai contati?
«No. Ero trasgressiva e lo sono anche oggi, continuo a giocare nel mio club».
Qualche migliaio?
«Come faccio a contarli? Solo in un film ho fatto una gang bang con 85 uomini…».
Come ha fatto a gestirne 85?
«Dalla mattina alla sera».
Quando dice “piccolo”, qual è lo standard, scusi?
«No vabbè, alcuni avevano un mignolo… Non puoi fare il pornoattore con un pisellino così piccolo, che sarebbe stato piccolo anche nella vita normale».
Nella biografia scrive: «Avevo la fantasia di girare una scena di sesso con un nano». Perché?
«Avevo fatto scene con uomini di tutti i colori, volevo un nano. In uno spettacolo a Milano se ne presentò uno. Era un mio fan. Gli proposi una scena di sesso in un mio film. Rispose: “Magari!”. Così lo abbiamo reclutato».
Ai tempi di Pornhub si fanno ancora i soldi con il porno?
«Penso che le pornoattrici di oggi guadagnino 2-3 mila euro a film, se va bene. Non esiste paragone. Noi andavamo a fare spettacoli di venti minuti per cinque milioni di lire. Ora si spogliano per 150 euro».
Non ha voluto figli.
«Avere figli e non avere il tempo di educarli all’epoca non mi sembrava giusto. Non volevo coinvolgere altre persone nelle mie scelte».
Ancora trasgressione?
«Sicuramente. Magari, non lo so, a settant’anni farò una casa di riposo hard per anziani con bastone e dentiera…».
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