“Se avete una vita sessuale attiva, magari senza un partner fisso di cui potete essere sicuri, fatelo il VACCINO per l’EPATITE A. Non costa nulla ma vi potrebbe salvare la vita”. Così Marco Crudo, attivista lgbt milanese, ha sorpreso tutti con il racconto della sua esperienza con il virus dell’epatite A. Una lettera che fa riflettere e che noi di SPYit.it vi consigliamo di leggere attentamente. Non è facile raccontare un’esperienza come questa. Marco c’ha messo la faccia ed ha raccontato con “semplicità” un’esperienza che sicuramente gli ha segnato la vita e speriamo che il suo messaggio possa essere d’aiuto a chi oggi si trova nella sua stessa condizione.Buona lettura:
Vi racconto la mia Epatite A.
A febbraio di quest’anno sono stato male, molto male, ma ho mantenuto il riserbo su quanto mi è accaduto. Non ho intasato la bacheca con gli aggiornamenti dall’ospedale e solo pochissimi amici e conoscenti hanno saputo che cosa davvero stessi attraversando.
Bene, i tempi sono maturi per raccontare la mia esperienza. Perché? Perché fin troppe volte in questi mesi mi sono quasi vergognato di rispondere alla domanda: “che cosa hai avuto?”, quasi mi sentissi colpevole di aver contratto un virus. È da qualche tempo che si legge dell’impennata di casi di Epatite A. In occasione del world pride di Madrid ho letto molti post in merito, alcuni anche decisamente antipatici, riferiti al rischio maggiore di contrarre il virus tra omosessuali con la pratica sessuale del rimming.
Io mi sono esposto pubblicamente per molte lotte che mi stanno a cuore, però in questo caso mi sono nascosto. La malattia va a toccare la sfera più intima e privata di una persona, ne modifica le abitudini e i pensieri. Ero convinto non vi fosse nulla da esporre o da raccontare, e forse è anche così. Però in questi mesi mi infastidivo fin troppo quando mi si chiedeva conto del “problema di salute” che mi aveva costretto a casa per quasi due mesi. Per quanto io condannassi la curiosità altrui, quando ci si infastidisce così tanto quasi sempre è dentro di noi che non abbiamo risolto qualcosa.
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Quello che voglio fare oggi è quindi un esercizio di libertà. Mi sono reso conto di aver vissuto in questi mesi la mia condizione come un’onta. Il fatto che si parlasse così tanto di un argomento che ho conosciuto sulla mia pelle e che me ne stessi zitto, anzi che fossi particolarmente attento a non commentare per non essere “stanato”, mi ha stupito.
Mi sono scoperto meno coraggioso e integerrimo di quanto pensassi. Solo ora, a distanza di quattro mesi, iniziando a rielaborare serenamente quello che mi è accaduto, ho capito che parlarne può essere utile per liberare me e per informare gli altri. Ebbene, se vi va di proseguire nella lettura, questa è stata la mia esperienza (se siete troppo ipocondriaci forse è meglio che vi fermiate qui, a patto che andiate DOMANI a vaccinarvi):
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Era appena finito il festival di Sanremo. È da quel weekend che iniziai a sentirmi strano. Ero debolissimo, mi facevano male i muscoli e arrivavo a casa ogni sera con qualche decimo di febbre. All’inizio non detti peso ai sintomi perché proprio in quei giorni ero sotto cura antibiotica per via di un dente che avrei dovuto estrarre.
Il malessere continuò però per tutta la settimana finché arrivai alla sera di venerdì 17 con la febbre a 39.
Ed è li che decisi di andare al pronto soccorso. Passai due giorni e tre notti su una barella nei corridoi del ps, con le flebo e le analisi ogni 6/8 ore. Le mie transaminasi continuavano a salire e la febbre scendeva solo con la tachipirina ma risaliva subito dopo, con la mia ansia che mi faceva immaginare scenari catastrofici.
Lunedì mattina mi ricoverarono con le transaminasi a 2.000 (il valore nella norma è sotto i 50). Era un’epatite. Non si sapeva ancora di che tipo ma era un’epatite. Non lo avrei mai sospettato prima perché i classici sintomi più evidenti dell’epatite (ittero e feci chiare), arrivarono solo molto dopo. Nei due giorni seguenti la situazione precipitò ulteriormente perché il mio fegato non ne voleva sapere di reagire e le transaminasi schizzarono fino quasi a 7.000. La mattina di martedì 21 febbraio il dottore mi disse che se il giorno seguente i valori non avessero cominciato la fase discendente sarei andato incontro a un trapianto di fegato.
Vi lascio immaginare la mia apprensione.
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È stato proprio il giorno dopo però che finalmente quei valori iniziarono a scendere e arrivò anche la notizia che si trattava di Epatite A, la meno grave, e soprattutto quella che non avrebbe cronicizzato e non avrebbe apportato cambiamenti al mio stile di vita. Quel tremendo incubo stava per finire, e nel modo meno traumatico.
Per un bel po’ di tempo però ho vissuto con il terrore di poter contagiare le persone care, quando in realtà vivendo da solo non ne avrei avuto possibilità. Il virus rimane nelle feci solo una decina di giorni dalla comparsa dei sintomi, ed è l’unico modo col quale si può contagiare un’altra persona (basta fare attenzione all’igiene personale, lavare bene le mani e astenersi da alcune pratiche sessuali per quel periodo) ma quella sensazione di poter essere un potenziale “untore” mi rimase addosso per più di un mese. E come se non bastasse lo specchio rifletteva un’immagine decisamente poco gradevole. Ero completamente giallo dalla testa ai piedi, occhi compresi, ed ero arrivato a pesare 56kg.
Il virus dell’epatite A si può contrarre per via alimentare con cibi contaminati o per via oro-fecale. Nel mio caso non credo di aver contratto il virus con dei cibi e nemmeno sessualmente. Nel periodo precedente alla comparsa dei sintomi non avevo avuto esperienze particolarmente rischiose da quel punto di vista (il tempo di incubazione va da 15 a 50 giorni). Poco più di un mese prima invece mi si allagò la casa. Abito al piano rialzato e quella mattina mi svegliai con il water che straripava e tutto lo schifo possibile che ne fuoriusciva.
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Ci misi tre giorni a pulire e disinfettare tutta la casa, tre giorni nei quali inavvertitamente devo essere entrato in contatto con il virus. Sia chiaro che non avrei avuto problemi ad ammettere di aver contratto il virus per via sessuale. Anche facendo sesso sicuro una sfiga può capitare a chiunque e stigmatizzare i comportamenti sessuali con il moralismo è una cosa che trovo orrenda, ancor più se lo stigma arriva dopo aver contratto una MTS. Però nel mio caso credo sia andata diversamente, tutto qui.
Alla luce di questo racconto che ho deciso finalmente di condividere, spinto soprattuto dal boom di casi che si stanno registrando e dal chiacchiericcio che se ne fa in questo periodo, un consiglio mi sento di darlo a tutti: se avete una vita sessuale attiva, magari senza un partner fisso di cui potete essere sicuri, fatelo il VACCINO per l’EPATITE A. Non costa nulla.
Seppure si tratti di un virus che il nostro organismo riesce a gestire da solo attraverso il sistema immunitario e seppure a volte sia addirittura asintomatico, in alcuni casi può causare problematiche serie. Nel mio caso ad esempio, solo dopo dieci giorni di ospedale, flebo e dieta ferrea i valori scesero finalmente dal picco di quasi 7.000 a 1.500, ma ci volle più di un mese perché rientrassero completamente nella norma.
Dal primo marzo, giorno delle dimissioni, non ho più toccato cibi fritti e alcool, cose che potrei iniziare a reintegrare ma che preferisco ancora evitare al momento.
Sono stato a casa dal lavoro un mese e mezzo e al rientro ho fatto un altro mese in ufficio per dare al mio corpo la possibilità di ristabilirsi. Insomma è stata una batosta non indifferente della quale ancora sento gli strascichi. Niente di irrimediabile o di estremamente tragico, ma se avessi saputo della possibilità di un vaccino e fossi stato consapevole dei rischi ai quali si può andare incontro lo avrei fatto prima.
Anche per questo ho deciso di fare questo difficile coming out. Perché alziate le chiappe e andiate a vaccinarvi. Magari prima di partire per le vacanze e darvi alla pazza gioia. Grazie a te che sei arrivato fin qui. PS: mi sento più leggero.