Dieci persone sono state arrestate a Istanbul nella piazza Taksim dove la comunità Lgbt turca aveva comunque organizzato il Gay Pride anche dopo il divieto delle autorità turche “per ragioni di sicurezza”. La polizia ha adottato rigorose misure all’ingresso della piazza e di Istiklal Avenue, effettuando perquisizioni e sistematici controlli dei documenti.
Ma gli attivisti hanno marciato lo stesso malgrado il grande dispiegamento di forze della polizia. Sono scoppiati anche tafferugli con un un gruppo contrario alla manifestazione. Per sedare la rissa, è intervenuta la polizia che alla fine ha arrestato 10 persone, sette che protestavano contro la manifestazione e tre attivisti. La marcia, che come negli anni precedenti si era attirata le contestazioni di gruppi ultranazionalisti, è stata vietata sabato dal governatore di Istanbul che aveva addotto motivi di sicurezza e di ordine pubblico.
“Crediamo che la polizia ci disperderà – diceva ha spiegato un portavoce di Kaosgl, tra le principali organizzazioni turche per i diritti della comunità Lgbt -. Fuggiremo, ma ci raduneremo di nuovo nelle strade laterali. Poi ci caccerà di nuovo e noi riscapperemo per raggrupparci tante volte quante sarà possibile”.
Eppure, in Turchia, è legale amarsi tra eguali sin dalla nascita dello Stato, come lo era nel secolo precedente durante l’impero Ottomano. Nonostante ciò incidenti, aggressioni e pesanti discriminazioni nei confronti dei membri della comunità Lgbt sono all’ordine del giorno in molte città, compresa Istanbul, che viene considerata quella più all’avanguardià. La marcia dell’orgoglio gay si celebra a Istanbul dal 2003 anche per questo motivo, per sensibilizzare e rivendicare i diritti che ancora non sono stati concessi. Così è stato sino al 2015, quando per la prima volta le autorità proibirono la sfilata e dispersero i partecipanti con gas lacrimogeni. In strada, nei giorni precedenti, erano apparsi manifesti che riportavano la frase “se vedete quelli di Sodoma e Gomorra che fanno le loro cose sporche, uccidete i colpevoli”. A firmare il gesto erano stati i “Giovani difensori dell’Islam”, un gruppo estremista il cui logo, secondo alcuni osservatori, mirava a ricordare quello dell’Isis.
Il divieto, sempre per “motivi di sicurezza”, si è ripetuto nel 2016, a giugno, con la marcia organizzata per i diritti dei transessuali. La stessa che elevò a simbolo della protesta Hande Kader, la transgender divenuta famosa per una foto che la immortalava mentre, risoluta, fronteggiava gli idranti della polizia. Uno scatto divenuto virale, come la notizia, due mesi più tardi, del ritrovamento del suo cadavere, brutalmente mutilato e carbonizzato, abbandonato sul ciglio di una strada.
“Vorremmo sottolineare, ancora una volta, che noi non siamo in un posto particolare, in una città particolare. Noi siamo ovunque – si legge sul sito ufficiale dell’Istanbul Pride – Non vogliamo che la nostra voce sia udita solo per un giorno, ma tutti i giorni. Per qusto diciamo anche una volta: fateci l’abitudine, noi siamo qui e non ce ne andremo”. Comunità e attivisti non ci stanno a rimanere in silenzio. Chiedono a gran voce giustizia. Giustizia contro i crimini di odio. E questa sfilata è anche per lei.
Da: La Repubblica.it